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INDICE:

1) La presentazione del libro: La legge della Trinità nel senso comune ( dei popoli ) o La Restaurazione di Roma. 2) Il pensiero trinitario della città di Reggio Emilia o la Restaurazione di Roma 3) Il pensiero trinitario dei grandi Reggiani

1) La presentazione del libro: La legge della Trinità nel senso comune ( dei popoli ) o La Restaurazione di Roma

Da La Legge della Trinità nel senso comune (dei popoli)

1) L’ORIGINE DEL LIBRO

L’idea è nata quindici anni fa, allorché fui impressionato dalla trinitarietà del pensiero di Roma e dall’enorme successo, che ha accompagnato nei secoli la sua storia, non solo nell’antichità, ma anche nel Rinascimento (di Roma) attraverso l’azione successiva della Chiesa Cattolica, erede e completamento della base trinitaria del pensiero romano. La Chiesa Cattolica infatti poteva essere solo romana, in quanto ha perfezionato, attraverso la Rivelazione cristiana, il pensiero trinitario già presente nel pensiero romano, seppur offuscato dal peccato originale.

La scoperta della Legge Trinitaria dei Popoli è il risultato della ricerca storico-filosofica, durata 15 anni, che dalla Roma antica è arrivata al momento attuale. La mia ricerca ha avuto come punto di riferimento il pensiero del Vico, che ha messo in evidenza la costante presenza del numero tre nella storia e nel pensiero romani. Il tre è il numero della Trinità cristiana e corrisponde a tre momenti paralleli della storia dell’umanità, che si sono sviluppati rispettivamente in Europa, in Asia ed in Africa. Le Americhe e l’Oceania sono state invece le terre della colonizzazione della famiglia euro-afro-asiatica. La legge della Trinità dei Popoli trova in esse il terreno per la sua applicazione.

2) LA LEGGE DELLA TRINITÀ NEL SENSO COMUNE DEI POPOLI

Lo studio delle relazioni trinitarie della vita dei popoli chiarisce il loro senso comune. Esso ha una base trinitaria, che sviluppa in modo diverso in ogni popolo. La diversità consiste nell’apporto dominante delle caratteristiche di ciascuna Persona della SS. Trinità in ognuno dei tre continenti del Mondo Antico. L’europeo guarda alla Trinità attraverso il Figlio, l’asiatico attraverso il Padre e l’africano attraverso lo Spirito. La difficoltà a riconoscere i diversi apporti trinitari all’interno del senso comune di ogni popolo deriva dall’essere fatto l’uomo di spirito e di materia.

Mi ha molto aiutato lo studio del pensiero filosofico europeo lungo i secoli. La diaspora ebraica in Europa mi ha permesso di conoscere in un modo singolare le differenze tra il pensiero europeo e quello ebraico-asiatico. Gli Ebrei sono stati e sono molto attivi nel campo culturale. Da sempre la storia dei popoli passa attraverso questo piccolo popolo, scelto da Dio per svelare il Suo Mistero Trinitario. Ma esso è stato sviluppato da Roma. La libertà del diritto romano è stato lo strumento per diffondere il pensiero trinitario non solo in Europa, ma nel mondo.

3) OGNI POPOLO HA UN SENSO COMUNE CARATTERISTICO

Il Figlio dona la grazia della libertà ottenuta dal Suo sacrificio, il Padre dona l’ordine della creazione, lo Spirito dona la vita. Il Figlio dirige la storia verso di sé, il Padre richiama all’ordine originario della creazione, lo Spirito alla vita come dono continuo. L’europeo vive nel futuro, l’asiatico nel passato e l’africano nel presente. Ogni popolo ha un senso comune invariante per la legge della deriva del patrimonio genetico, che tende a rendere sterili i matrimoni tra razze diverse e tra mulatti ed a rendere prolifici i matrimoni tra componenti di uno stesso popolo.

In Europa, in Asia ed in Africa si osservano passaggi graduali tra i sensi comuni di ogni popolo andando da Est ad Ovest e da Nord a Sud, in funzione del Continente più vicino. La gradualità è legata ad un diverso modo di vivere il rapporto tra lo spirito e la materia in un’unità caratteristica per ogni popolo. Ad esempio in Europa esistono il geometrismo italiano, il razionalismo francese, il sensualismo o sensismo inglese, il misticismo spagnolo, il libertarismo o idealismo tedesco ed il materialismo o cosmismo russo. Ognuno di questi sensi comuni è basato sulla forza europea della libertà. Essi sono distribuiti in modo da produrre uno sviluppo graduale tra il senso comune dei tre continenti. Così il materialismo russo serve ai russi per comprendere meglio la norma asiatica che trova nel taoismo la sua espressione più originale. E il misticismo spagnolo serve agli spagnoli per comprendere meglio lo spiritualismo africano, che attribuisce la causa di ogni avvenimento agli spiriti dell’al di là.

Le relazioni trinitarie tra i tre continenti trasformano il futuro europeo nel presente africano ed il presente africano nel passato asiatico. Viceversa il passato asiatico diventa il presente africano ed il presente africano diventa il futuro europeo.

4) IL PENSIERO EURO-ASIATICO ATTUALE È PRIVO DELLA COMPONENTE AFRICANA

Il Rinascimento di Roma è avvenuto in Europa in presenza di una forte minoranza ebraica non cristiana, che ha usato il pensiero rinascimentale per sviluppare un pensiero ebraico parallelo. Ma l’alleanza tra l’illuminismo europeo e quello ebraico-asiatico ha generato un pensiero filosofico euro-asiatico anticristiano, antiromano e antigiudaico. Esso è stato separato dalle tradizioni cristiane e giudaiche, nell’illusione di renderlo più universale.

Nell’800 è nato il pensiero assoluto, che però non poteva cancellare la propria radice trinitaria, essendo un formalismo, capace di rendere assoluta la libertà contro la legge e la legge contro la libertà. Il formalismo euro-asiatico è l’hegelismo. Hegel ha preso dal Vico il concetto di Provvidenza per farne una potenza demoniaca: non può certo essere il Dio cristiano e trinitario l’autore occulto delle guerre. L’hegelismo è invece universale come forma. Dapprima ha reso assoluto il senso comune tedesco attraverso la guerra. E poi è stato usato da tutti i popoli.

5) IL FALLIMENTO SANGUINOSO DEL PENSIERO EURO-ASIATICO

Il nazionalismo dell’800 e del ‘900 è stato l’amaro frutto dell’hegelismo. Poiché è rimasto un formalismo, ha prodotto le innumerevoli rivoluzioni dell’800 e del ‘900 in cui la classe eletta poteva cambiare. L’ebreo Marx l’ha usato per rendere assoluto il senso comune ebraico ed espanderlo attraverso la rivoluzione. L’ambizione ebraica di dominare l’Europa con il proprio pensiero si è apparentemente realizzata nell’800 e nel ‘900 europeo con i grandi pensatori Marx, Nietzche e Sartre. Invece il ‘900 è stato il secolo della più grande persecuzione contro gli Ebrei e contro i Cristiani, che continua anche oggi.

Il filosofo italiano Pareto ha teorizzato il trasformismo della classe sociale dominante, che ha permesso il passaggio dall’hegelismo di sinistra all’hegelismo di destra. Il socialista Mussolini è stato suo allievo ed ha così potuto trasformare il socialismo in fascismo ed allo stesso modo ha operato Hitler.

6) IL BIPOLARISMO EURO-ASIATICO

I grandi meticci Lenin ed Hitler hanno dato unità al volto europeo ed a quello asiatico dell’hegelismo formando un bipolarismo totalitario euro-asiatico, costituito dallo spazio vitale di Hitler e dall’avvenire socialista di Lenin. Ad esso corrisponde la sostanza unica euro-asiatica, che è un dipolo i cui poli rimangono distinti. I grandi meticci Darwin, Lenin ed Hitler l’hanno incarnata proponendo un mondo bipolare in ogni campo dell’attività umana dalla politica alla sociologia, dalla fisica all’arte. I due poli sono uniti, perché si richiamano l’uno con l’altro.

Heidegger ha compreso per primo l’impossibilità di porre il pensiero filosofico di un popolo contro le sue tradizioni, perché lo scontro porta al suo autoannientamento. La trinitarietà del pensiero umano ne è la causa.

La Legge della Trinità permette di scoprire i possibili meticci. Leonardo, Calvino, Cervantes, Newton, Leibnitz, Kant e Rousseau mostrano così forti influenze ebraiche nel loro pensiero da indurlo a pensare. In più la Legge della Trinità trova conferma nella deriva del patrimonio genetico dei popoli.

7) IL RINASCIMENTO (DI ROMA) È SORTO CON IL RECUPERO DELLA COMPONENTE AFRICANA, SMARRITO NELLE INVASIONI BARBARICHE

La crisi attuale del mondo è causata dalla mancanza del pensiero africano, che invece è entrato nel pensiero romano-cristiano attraverso S. Agostino. Egli aveva esaltato l’azione dello Spirito nel presente, in cui specchiava l’azione futura del Figlio e quella passata del Padre. Il pensiero romano, arricchito della componente africana, è stato poi perfezionato in termini romano-trinitari da S. Benedetto da Norcia, S. Tommaso d’Aquino e S. Francesco d’Assisi. Il loro pensiero, sostenuto dall’azione di grandi papi in un binomio indissolubile tra pensiero ed azione, ha permesso a Roma di civilizzare nuovi popoli, nella convinzione di operare all’interno della comune radice trinitaria. La restaurazione della trinitarietà romano-cristiana non solo ha salvato Roma in presenza delle grandi invasioni barbariche dei popoli nordici, ma ha anche unito i nuovi popoli europei nel Rinascimento economico di Roma. Il Papa Benedetto XVI, da agostiniano, ha recuperato la legge dell’illuminazione dell’africano S. Agostino per ridare allo Spirito la centralità nel nuovo pensiero trinitario, che trova in questo studio il banco di prova. La rinnovata unità tra la fede e la ragione ne è alla base.

8) IL FORMALISMO EURO-ASIATICO DELL’HEGELISMO E DELLA GUERRA SELETTIVA

Il grande filosofo Giambattista Vico ha dato unità temporale alla dimensione storica del pensiero trinitario, in funzione del punto d’arrivo del Giudizio universale nelle mani del Figlio, e per effetto del valore portante del Suo Sacrificio. L’illuminismo ha rotto l’unità rendendo infinito il percorso storico dell’uomo. Ma esso in questo modo ha perso la dimensione trinitaria ed è diventato l’attuale pensiero illuminista euro-asiatico, che ha devastato il ‘900 e l’inizio del 2000 con la grande crisi attuale.

Il fallimento del pensiero euro-asiatico è dimostrato dalle grandi persecuzioni del ‘900 nei confronti di coloro, che lo hanno rifiutato. L’annientamento dei contadini ucraini e russi da parte di Lenin e Stalin è stato l’inizio. Poi è continuato con l’annientamento parallelo dei polacchi cattolici e degli ebrei legati alla Sinagoga da parte di Hitler. Attualmente sta interessando i cristiani colpiti dal fondamentalismo musulmano-asiatico, anch’esso derivato dal formalismo euro-asiatico, arrivato in Asia attraverso Tolstoj, Gandhi ed il sionismo ebraico.

9) LE TRE ROME E LE TRE LEGGI

Dopo la Roma del diritto e quella dell’economia, ora è la volta dell’ultima Roma, quella che imposta i rapporti tra l’uomo e Dio. Roma ha avuto il compito di scoprire le tre leggi trinitarie che regolano i rapporti universali.

1) La legge del diritto romano, raccolto da Giustiniano alla fine della prima Roma (Giustiniano infatti è definito l’ultimo degli imperatori romani) e pubblicato nel 533. Essa definisce i rapporti trinitari tra gli uomini.        

2) La legge della caduta dei corpi di Galilei pubblicata nel 1638 ha concluso il Rinascimento di Roma. Essa definisce i rapporti trinitari tra l’uomo e la natura.

3) Mancava l’ultima legge: La legge della Trinità nel senso comune dei popoli, pubblicata nel 2017, che regola i rapporti trinitari tra i popoli. Il presente studio ha lo scopo di definirla. Essa conclude il terzo periodo della storia di Roma, che chiamerei la Restaurazione di Roma. La legge sorge dalla capacità italiana di valorizzare il pensiero dei popoli europei all’interno di un percorso trinitario via via più chiaro, che ha avuto nel Vico e nel Rosmini i suoi precursori: i corsi e i ricorsi vichiani e il circolo solido rosminiano ne sono gli anticipatori. Il recupero del pensiero di S. Agostino da parte di Benedetto XVI ha aperto definitivamente il pensiero euro-asiatico alla spiritualità africana.

10) LA LEGGE RELIGIOSA RELATIVA

Le tre leggi romano-cristiane sono il riflesso della vita trinitaria di Dio, essendo gli uomini fatti a Sua immagine e somiglianza: insieme rivelano l’immagine Divina. La legge della Trinità svela i rapporti spirituali, che legano ciascuna delle tre Persone della SS. Trinità a ciascuno dei tre continenti del Mondo Antico. Ognuna delle tre Persone ha un rapporto privilegiato con ciascuno dei tre continenti tale da indurre i popoli di ciascuno di essi a ragionare in termini legati alla funzione che Ciascuna delle Tre Persone ha all’interno del Rapporto Trinitario Divino. Perciò la legge della Trinità si può chiamare anche Legge religiosa relativa in analogia alla legge di Galilei: come questa è relativa all’osservatore unico così lo è anche quella. Storicamente Gesù Cristo prima e il Papato poi sono l’osservatore unico della legge religiosa relativa.

11) IL RUOLO DEL PAPATO

Il Concilio Vaticano I ha fatto del papato il punto di riferimento della chiesa di Roma, proclamandone l’infallibilità nell’interpretare il messaggio di Cristo. Il Concilio Vaticano II ha fatto del papato il punto di riferimento della legge trinitaria per ogni popolo, anche non cristiano.

Il Papa Giovanni Paolo II ha contribuito alla caduta del Comunismo, che, come egli stesso aveva affermato, era marcio. Egli gli ha dato la spinta finale, aiutato dall’opera illuminata del russo Gorbaciov. Al Papa di oggi Francesco sembra essere dato l’onore di far cadere il liberalismo.

Il tempo è dunque pronto per accogliere la Terza Roma, quella più trinitaria.

12) LA RESTAURAZIONE DELLA TERZA ROMA E LA LEGGE DEL PROGRESSO  

Per risollevare il mondo dall’abisso in cui sta cadendo occorre un nuovo Rinascimento di Roma, che, per distinguerlo dal precedente, chiamerei la Restaurazione di Roma. Esso passa attraverso il recupero del pensiero africano, come componente indispensabile per collegare non solo gli opposti della libertà e della norma o legge, ma anche quelli dello spirito e della materia in un’unità, che in Europa diviene nel futuro, in Asia nel passato ed in Africa  nel presente.

Poiché l’uomo è spirito e materia, lo studio filosofico e storico del senso comune dei popoli mi ha portato ad abbinare l’energia alla libertà, la massa alla legge e la luce alla vita. A questa conclusione sono arrivato riflettendo sulla fisica europea di Galilei e su quella asiatica dell’ebreo Einstein. Infine dalle riflessioni sul principio d’indeterminazione di Heisenberg, che trova una piena giustificazione solo nella formulazione della legge trinitaria.

Da tutto questo sorge la Legge del Progresso, che si sviluppa allorché ogni popolo affronta uno stesso problema dal proprio punto di vista in ambito trinitario, integrando le  soluzioni proposte dagli altri popoli.

13) LA FAMIGLIA UMANA E LA FAMIGLIA DEI TRE CONTINENTI DEL MONDO ANTICO.

La struttura trinitaria del pensiero umano è la prova più grande dell’esistenza di Dio Trinità. Ogni uomo ragiona in termini trinitari nell’ambito della famiglia. In essa il padre è la legge, la madre è il dono della vita ed il figlio o la figlia sono la libertà.

Il centro della famiglia europea, proiettata nel futuro, è il figlio, il centro della famiglia asiatica, proiettata nel passato, è il padre ed il centro della famiglia africana, proiettata nel presente, è la madre.

La famiglia europea vive nella libertà, la famiglia asiatica vive nella legge e la famiglia africana vive nello spirito del dono.

Infatti l’Europa venera il Figlio libero più del Padre e dello Spirito, l’Asia venera il Padre creatore più del Figlio e dello Spirito e l’Africa venera lo Spirito della vita più del Padre e del Figlio. La famiglia dà l’unità alle Tre Persone.

14) IL RAPPORTO TRINITARIO TRA LE POPOLAZIONI DELL’ASIA, DELL’EUROPA E DELL’AFRICA.

La nostra Terra ha avuto nel mare Mediterraneo quella barriera che ha permesso la separazione graduale dei popoli in tre grandi suddivisioni, ma anche quell’unità, che ha sviluppato il pensiero trinitario. Come esiste una deriva genetica, che seleziona i geni dei popoli, così esiste una deriva del senso comune dei popoli, che li differenzia in modo trinitario.

La famiglia dei popoli è formata da tre grandi gruppi. Gli asiatici rappresentano la legge della tradizione, perché tendono a collegare ogni evento all’evento creativo originale; gli africani rappresentano il dono della vita, perché tendono ad interpretare ogni evento come un continuo atto d’amore; gli europei rappresentano la libertà, perché tendono a collegare ogni evento al giudizio universale. Ma come senza il presente della madre, il passato del padre ed il futuro del figlio non possono incontrarsi e come la separazione tra il padre e la madre porta il figlio a non vivere o la dimensione del passato o quella del presente, così senza l’africano l’europeo e l’asiatico non possono intendersi.

15) IL PRINCIPIO D’INDETERMINAZIONE DI HEISENBERG ED IL RUOLO DEGLI AFRICANI.

La dimostrazione più grande della trinitarietà dei popoli è data dal principio d’indeterminazione di Heisenberg, che afferma esservi due mondi paralleli e separati: il primo basato sulla massa ed il secondo sull’energia, ma entrambi condizionati e definiti dalla luce, che permette di trasformarli l’uno nell’altro. Infatti il rapporto tra l’energia e la massa è uguale al quadrato della velocità della luce.

Così ci sono tre metodi diversi di impostare lo studio della fisica, tra loro irriducibili. Esiste la fisica asiatica di Einstein, legata alla libertà del movimento temporale all’interno della prospettiva unica spaziale, che trasforma lo spazio in tempo e l’energia e la luce in massa. Esiste la fisica europea di Galilei, legata alla libertà del movimento spaziale all’interno della prospettiva unica temporale, che trasforma il tempo in spazio e la massa e la luce in energia. Ed esiste la fisica africana capace di unire la prospettiva spaziale con quella temporale e di trasformare la massa e l’energia in luce, essendo la luce composta di entrambe. Solo così il passato asiatico ed il futuro europeo diventano il presente africano. Infatti Vasco Ronchi scrive alla voce Luce dell’Enciclopedia della scienza e della tecnica Arnoldo Mondadori Editore 1963: “Si è potuto stabilire che non è lecito attribuire alla radiazione elettromagnetica (della luce) solo l’aspetto ondulatorio o quello corpuscolare, ma che l’uno o l’altro possono presentarsi in diverse condizioni”. La luce è un ente ancora poco conosciuto, perché non è ancora stata studiata nella sua unità dagli africani, gli unici in grado farlo

16) IL PENSIERO TRINITARIO DELLA TERRA E LA LEGGE DEL PROGRESSO.

La Legge della Trinità permette alla legge asiatica ed alla libertà europea di non essere in concorrenza. Essa recupera l’Africa nera, oggi alla deriva, facendo dei suoi popoli gli indispensabili mediatori tra il senso comune asiatico e quello europeo. Da antagoniste la libertà e la legge diventano complementari attraverso il dono reciproco. La Legge della Trinità permette di scoprire la Legge del progresso, intesa come arricchimento successivo nel passaggio del pensiero da un popolo all’altro.

Ogni paese deve recuperare il proprio pensiero, ripulendolo da ciò, che lo allontana dalla Legge della Trinità. Si deve accettare di far parte di un pianeta trinitario, in cui la libertà, la legge ed il dono della vita come atto d’amore sono parte di un unico pensiero, di cui ogni paese possiede solo una parte. Nessun paese ha la verità tutta intera, sebbene possa entrare in relazione con le parti mancanti: ogni paese ragiona in termini trinitari, ma possiede solo una delle tre parti del pensiero unico.

L’europeo è la libertà, l’asiatico è la legge e l’africano è la vita, ma nessuno dei tre può fare a meno degli altri due. L’europeo crede di conoscere la legge ed il dono della vita, ma non può vivere appieno il rapporto con entrambi se non scopre il pensiero asiatico ed il pensiero africano. Così l’asiatico non conosce la libertà ed il dono se non li riceve dall’europeo e dall’africano e l’africano non conosce la legge e la libertà se non li riceve dall’asiatico e dall’africano.

17) LA LEGGE TRINITARIA NELLO SPIRITO: LA LIBERTÀ EUROPEA.

La legge della Trinità distingue tra il percorso europeo della libertà, il percorso asiatico della norma ed il percorso africano del dono della vita.

L’europeo incontra Dio come Figlio nella libertà dell’atto redentivo. L’atto è immobile nel tempo, è unico ed irripetibile. L’europeo tende ad aumentare nel tempo il proprio grado di libertà per farlo coincidere con quello infinito, ottenuto all’uomo dal sacrificio di Dio Figlio, attraverso l’aumento continuo della quantità di lavoro compiuta nell’unità di tempo.

La produzione di una quantità sempre più grande di lavoro richiede la trasformazione di quantità sempre più grandi di massa in energia per soddisfare contemporaneamente un numero sempre più grande di desideri. L’europeo non vuole scegliere tra desideri diversi, come invece era costretto a fare Epicuro. Egli tende all’immobilità temporale dei desideri soddisfatti assieme.

L’europeo è passivo nei confronti di Dio nel tempo dove lo scopre come libertà. Invece è attivo nello spazio, che può scegliere se sottomettere alla prospettiva unica nel tempo con al centro il Figlio, oppure alla prospettiva unica con al centro sé stesso. Egli si muove nel futuro incontro al Figlio oppure a sé stesso.

18) LA LEGGE TRINITARIA NELLO SPIRITO: LA NORMA ASIATICA.

L’asiatico incontra Dio come Padre nell’immobilità spaziale dell’atto creativo originario.  Egli si muove all’indietro nel passato per incontrare la sua forza infinita. L’asiatico vive la storia come formata da cicli che si ripetono sempre uguali, per aumentare la forza della norma, fino a raggiungere la forza infinita della norma divina originaria: la ripetizione è ciò, che ne accresce la forza, come afferma la filosofia del Tao. In Giappone la norma è ovunque. La musica è scandita da un solo motivo ripetuto più volte: la musica classica europea, libera nella continua variazione dei motivi, è considerata trasgressiva. Più la regola è rispettata e più grande è la forza dell’asiatico.

L’asiatico tende a produrre la massima quantità di lavoro nell’unità di spazio: le miniature asiatiche rappresentano figure immobilizzate nello spazio da una serie di forze contrapposte, perché più piccole sono le forze e più grande è il potere della norma. Essa permea tutto l’universo ad iniziare dalle sue parti più piccole: i giapponesi scoprono la norma nella fioritura dei ciliegi. Il giardino giapponese contiene sempre gli stessi elementi, come rappresentazione dell’universo delle forze.

L’asiatico fissa l’energia come massa immobile nello spazio attraverso l’equilibrio delle forze. Il miglior generale cinese è colui che vince senza combattere. L’asiatico è passivo nello spazio nei confronti di Dio creatore ed è attivo nel tempo, dove può scegliere se collegare gli eventi alla Causa prima come Dio, oppure come sé stesso.

19) LA LEGGE TRINITARIA NELLO SPIRITO: IL DONO AFRICANO DELLA VITA

L’africano incontra Dio come Spirito nel dono continuo della vita sia nel tempo che nello spazio, ma in modo successivo. Egli è chiamato a vivere come essere sia nel tempo che nello spazio e questo fatto lo rende consapevole di essere il centro dell’universo. Da qui il suo inguaribile ottimismo anche nelle situazioni più disperate.

L’africano vive nel perenne presente del dono della vita, che vuole aumentare fino ad eguagliare il dono infinito dello Spirito attraverso l’aumento del potere del clan. Egli incontra Dio come essere nel dono e può scegliere se usare il dono per sé stesso o per Dio. Il dono porta luce nella vita. E’ stato l’africano S. Agostino a scoprire la legge dell’illuminazione dello Spirito. La libertà – energia europea e la norma – massa asiatica rappresentano il fine e l’origine del dono – luce africano.

L’africano da solo perde i contatti con il passato ed il futuro e vive nel perenne presente, o come diremmo alla giornata. Ma anche l’europeo e l’asiatico non possono scoprire il valore della vita come dono, se non lo ricevono dall’africano, senza il quale non possono neppure comunicare tra loro. E’ il presente africano che trasforma il passato asiatico nel futuro europeo e viceversa.

20) L’UNITÀ TRINITARIA DELLE TRE QUALITÀ.

La norma e la libertà non possono stare separate. Esse non hanno significato da sole. Ma per stare insieme hanno bisogno di donarsi reciprocamente. L’atto del dono rende libera la norma, che non è imposta, ma proposta allo spirito dell’uomo ed a sua volta normalizza la libertà. Il termine normale appartiene al linguaggio comune per indicare qualcosa di conforme alla natura: la norma è ntievoluzionista.

Come la norma non può stare senza la libertà, così l’asiatico non può stare senza l’europeo. Ma come la norma e la libertà non possono stare assieme senza donarsi reciprocamente, così l’asiatico e l’europeo per stare assieme hanno bisogno dell’africano, che li sa donare l’uno all’altro. L’africano dona la norma all’europeo e la libertà all’asiatico. Egli le riceve e le trasforma in dono. La norma e la libertà diventano relative l’una all’altra, secondo la legge galileiana. L’asiatico ragiona in termini di norma e si muove nel divenire del tempo, in cui egli è libero di scegliere una causa per ogni effetto. Egli si muove all’indietro alla ricerca della Causa prima (il Padre). L’europeo ragiona in termini di libertà e si muove nel divenire dello spazio, di cui egli ha scoperto le leggi del movimento, per affrontare il futuro ed arrivare al Fine (il Figlio). L’africano non conosce né la norma, né la libertà, ma vive la vita come un dono istantaneo in perenne rinnovamento. Lo spazio ed il tempo s’incontrano in un punto dello Spirito (lo Spirito Santo).

21) L’ASIATICO, L’EUROPEO E L’AFRICANO ASSIEME.

L’asiatico vive nel passato e non è in grado di programmare il futuro in funzione della Fine del mondo. Perciò è costretto a copiare la macchina europea, ma la copia miniaturizzandola, ossia riducendone le dimensioni per produrne una maggiore quantità. L’accusa europea d’indolenza agli africani e agli asiatici dimentica che essi non sono in grado da soli di programmare il futuro.

L’europeo non è capace di collegare il proprio passato ed il passato del mondo alla Causa prima. La psicologia e la psichiatria hanno negli asiatici i loro maestri. Ma gli europei riducono e semplificano i movimenti temporali per sviluppare terapie spaziali di gruppo. L’accusa asiatica agli europei di essere deboli non tiene che l’europeo non può ancorarsi al passato.

L’africano vive in un perenne presente, senza poter ricostruire il passato e senza poter prevedere il futuro. Il passato asiatico ed il futuro europeo diventano il dono africano del presente. Ogni storia africana si aggiorna continuamente nel dono della vita.

22) LA FISICA DELLA LEGGE DELLA TRINITÀ

La fisica moderna è euro-asiatica ed è limitata dal principio di Heisenberg, che afferma che il comportamento della materia come massa è irriducibile a quello come energia e viceversa. L’europeo Schrodinger ha superato l’incomunicabilità tra i due mondi attraverso la teoria delle probabilità. Ma essa è approssimativa.

Invece la Legge della Trinità trova nel principio di Heisenberg la prova della sua verità. Essa lo comprende e supera, perché ammette la necessità di sviluppare una fisica asiatica, una fisica europea ed una fisica africana. Toglie invece credibilità alla fisica euro-asiatica, che si è mostrata approssimativa e che nel suo percorso ha portato con sé il principio d’indeterminazione come barriera insuperabile, quantizzandolo nell’errore più piccolo possibile.

Dobbiamo riconoscere i disastri prodotti dal pensiero euro-asiatico non solo nel campo sociologico, ma anche nel campo fisico con l’alterazione permanente dell’equilibrio del pianeta attraverso la trasformazione diretta della massa in energia. La grandezza della Legge della Trinità sta nel considerare l’uomo in tre persone fatte rispettivamente di libertà-energia, norma-massa e dono-luce. L’europeo è chiamato a trasformare non la massa ma la luce in energia, l’asiatico non l’energia ma la luce in massa, l’africano l’energia e la massa in luce. Una volta compreso questo sarà possibile anche ripristinare l’equilibrio del pianeta.

Il lavoro è stato lungo e faticoso, perché ho voluto rispettare la trinitarietà anche nella forma. Ho usato il numero tre in ogni capitolo ed in ogni parte del libro, per dimostrare che non solo il pensiero di ogni popolo, ma anche di ogni uomo, si svolge secondo la legge della Trinità.

23) LA RAGIONE SENZA LA FEDE NON PORTA A NESSUNA CONCLUSIONE SULL’ESISTENZA DI DIO E SULLA SUA ESSENZA; LA TRINITARIETÀ DI DIO E DEI POPOLI È RIVELATA DALLA BIBBIA.

Kant ha dimostrato che la ragione senza la fede non può arrivare a Dio, che  da idea diventa l’ideale, ossia un essere irraggiungibile. Da allora Dio s’incontra attraverso il sentimento. Per tornare a Dio attraverso la ragione occorre meditare con fede la Bibbia, credendola parola di Dio.

La Santa Trinità è rivelata da Gesù Cristo. La sua rivelazione illumina anche l’Antico Testamento. La Legge della trinità dei popoli è in accordo con quanto è scritto nell’Antico Testamento circa il ripopolamento della terra generato dai discendenti dei tre figli di Noè dopo il diluvio universale. Il giudizio universale è presente nella memoria storica di molti popoli.

Il testo in esame comprende i capitoli 9, 10 e 11 del libro della Genesi. All’inizio del capitolo 9 della Bibbia, edizione C.E.I. Marietti del 1980, è scritto: “Dio benedisse Noè e i suoi figli e disse loro: ‘Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite la terra. Il timore e il terrore di voi sia in tutte le bestie selvatiche e in tutto il bestiame e in tutti gli uccelli del cielo. Quanto striscia sul suolo e tutti i pesci del mare sono messi in vostro potere’.

La nota al capitolo 9 riporta: “L’autore sacerdotale continua la sua narrazione per annunciare un nuovo inizio: la seconda era dell’umanità.” La Genesi è detta primo libro di Mosè. Dopo la purificazione del mondo di Adamo Dio completa la sua creazione con i tre figli di Noè. La prima era risultata incompleta, perché priva dell’impronta trinitaria nei popoli.

24) IL RACCONTO BIBLICO DI NOÈ E DEI TRE FIGLI.

La seconda era o era trinitaria dei popoli inizia con i figli di Noè. I versetti della Bibbia più significativi per scoprirla sono i 18-27 del capitolo 9. In essi si legge: “I figli di Noè che uscirono dall’arca furono Sem, Cam, e Iafet; Cam è il padre di Canaan. Questi tre sono i figli di Noè e da questi fu popolata tutta la terra. Ora Noè, coltivatore della terra, cominciò a piantare una vigna. Avendo bevuto il vino, si ubriacò e giacque scoperto all’interno della tenda. Cam, padre di Canaan, vide il padre scoperto e raccontò della cosa ai due fratelli che stavano fuori. Allora Sem e Iafet presero il mantello, se lo misero tutti e due sulle spalle e, camminando a ritroso, coprirono il padre scoperto; avendo rivolto la faccia indietro, non videro il padre scoperto. Quando Noè si fu risvegliato dall’ebrezza, seppe quanto gli aveva fatto il figlio minore; allora disse: ‘Sia maledetto Canaan! Schiavo degli schiavi sarà per i suoi fratelli’! E aggiunse: “Benedetto il Signore, Dio di Sem, Canaan sia suo schiavo! Dio dilati Iafet e questi dimori nelle terre di Sem, Canaan sia suo schiavo!”

25) I DISCENDENTI DEI FIGLI DI NOÈ.

La Genesi nel capitolo 10 elenca i discendenti di Iafet, Cam e Sem. La nota al capitolo 10 dell’edizione citata della Bibbia commenta: “I gruppi sono tre: Iafet, che corrisponde approssimativamente ai popoli indo-europei; Cam, che raggruppa popoli dell’Africa, specialmente l’Egitto, ma include anche Canaan; Sem, che riunisce i Semiti. Dal lato storico la lista contiene molti elementi esatti e un raggruppamento razionale; trasforma artificiosamente l’etnografia in genealogia.”

Nel Grande Dizionario UTET del 1969 si legge alla voce Iafet: “Il nome di Jafet ricorda quello del greco Giapeto, il cui mito, attraverso Deucalione e Prometeo, si ricollega anch’esso al diluvio universale.” Da qui lo scambio dei nomi di Iafet e Giapeto, per indicare il capostipite dei popoli europei.

La Civiltà Cattolica del 15 luglio 1859 afferma in un lungo articolo dal titolo: Il verso e il falso nel progresso: “Le diversità durano tra i rami di una stessa propaggine (dell’uomo) invariabili e permanenti. A tutte preferisco la divisione che del mondo umano assegna il celebre Cuvier, di tre grandi famiglie: della bianca o caucasica, della olivigna o mongolica, della negra o camitica. Ragione del preferire questa separazione è il sembrare più conforme alle sacre pagine (della Bibbia), che tramandano la terra ripopolata dai tre figlioli di Noè dopo il diluvio. Confrontate ora famiglie con famiglie e in ciascuna di esse le discendenze tra loro e le nazioni in cui si separano e si uniscono e si disperdono per il mondo. Osserverete sempre, a memoria d’uomo, inalterate le differenze più grandi. “

26) LA TORRE DI BABELE; DA ABRAMO A GESÙ CRISTO.

La Bibbia conclude la narrazione dell’inizio della seconda era del mondo nel capitolo 11 della Genesi: “Tutta la terra aveva una sola lingua e le stesse parole.” I discendenti di Noè volevano mantenere un’identità unica, fatta di stesse tradizioni, lingua e cultura. Infatti essi “dissero: ‘Venite costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome, per non disperderci su tutta la terra’. Ma il Signore scese a vedere la città e la torre che gli uomini stavano costruendo.” E “disse: ‘Scendiamo e confondiamo la loro lingua, poiché non comprendano più l’uno la lingua dell’altro’. Il Signore li disperse di là su tutta la terra ed essi cessarono di costruire la città. Per questo la si chiamò Babele.”.

Dio non vuole un solo popolo, ma molti popoli. Con il capitolo 12 inizia la storia di Abramo e della sua discendenza, che culminerà nella venuta di Gesù Cristo, con il compito di ridare l’unità ai popoli, nel nome della Trinità. Nella seconda era l’impronta trinitaria è stata vissuta in modo inconsapevole ed intuitivo prima di Cristo. Il popolo romano è stato quello che si è più sforzato di vivere non solo le relazioni interne ma anche quelle esterne in una dimensione trinitaria. Gesù Cristo, nascendo nella Palestina romana, ha come legittimato il singolare primato del popolo romano, quasi fosse il popolo predisposto da Dio per meglio calare nel mondo la trinitarietà del messaggio cristiano. Il diritto romano ha svelato l’impronta trinitaria del mondo prima di Cristo e l’ha perfezionata dopo Cristo. Essa però, essendo europea, è cristocentrica.

27) LA RIVELAZIONE DI GESÙ CRISTO DELLA VITA TRINITARIA DI DIO PERMETTE DI INTERPRETARE ALLO STESSO MODO LA VITA DELL’UOMO; IL RUOLO TRINITARIO DEL PENSIERO AFRICANO.

Gesù ha rivelato la vita trinitaria di Dio. Essa riguarda anche l’uomo, perché all’inizio della Genesi Dio dice: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e a nostra somiglianza”. Da allora la ragione umana poteva calare la verità rivelata nella vita dell’uomo.

Infatti una volta definiti gli europei come giapetici, gli africani subsahariani come camitici e gli asiatici come semitici, si può procedere ad interpretare i versetti 18-27 del capitolo 9 secondo la legge dell’illuminazione di S. Agostino, per la quale la ragione e la fede s’illuminano progressivamente in proporzione al reciproco approfondimento. La maledizione di Noè su Canaan ed i popoli africani li ha resi schiavi nei confronti dei popoli asiatici ed europei. La storia sta a ricordarcelo.

Anche oggi i popoli asiatici ed europei controllano le ricchezze africane. Ma spiritualmente questa schiavitù consiste nel dono della vita, che permette agli europei ed agli asiatici di vivere la dimensione trinitaria. La schiavitù africana è schiavitù d’amore, che dà l’unità al mondo nell’attimo presente.

L’africano esercita nella famiglia dei tre continenti mediterranei il ruolo, che la madre esercita nella famiglia. Come la madre dona la legge del padre al figlio e viceversa la libertà del figlio al padre, così l’africano dona la legge asiatica all’europeo e la libertà europea all’asiatico.

28) IL RUOLO TRINITARIO DEL PENSIERO ASIATICO, EUROPEO ED AFRICANO.

L’Asia genera le religioni, mentre l’Europa sceglie, per poi diffondere in Asia ed Africa la religione vera, come afferma la Genesi: “Iafet dimori nelle terre di Sem”. La scelta europea è necessaria per riconoscere la religione trinitaria, l’unica capace di salvaguardare la libertà, di cui vive l’europeo, accanto alla legge di cui vive l’asiatico. Gesù Cristo, nato nell’Asia romana, poteva essere accolto solo in Europa.

Come il Figlio-Gesù ha avuto il compito dalla Trinità di rivelare la religione trinitaria all’Asia, così l’Europa, che guarda alla libertà del Figlio, l’ha scelta e l’ha diffusa nel mondo. Ma la scelta si è rivelata giusta in seguito alla mediazione dei padri africani della Chiesa, ed in particolare di S. Agostino, che hanno trasformato la religione cristiana in dono dello Spirito Santo. Il diritto romano s’è incontrato con l’illuminazione dello Spirito Santo ed ha accolto la legge mosaico-cristiana.

Per l’asiatico ogni religione è vista come legge. Essa è un insieme di precetti. E’ l’africano a trasformare la legge in vita. Così è accettata dall’europeo, che interpreta la vita come libertà.

Mentre l’asiatico vede Dio come creatore e l’africano come datore della vita, l’europeo lo vede come liberatore.

E’ l’africano a dare unità alla legge ed alla libertà generando la vita dal loro incontro. Egli non possiede né la legge né la libertà, ma è capace di riconoscerle per unirle nella vita fatta di presente.

29) LA REGALITÀ AFRICANA, ASIATICA ED EUROPEA; ROMA È LA CAPITALE SPIRITUALE DEL MONDO, PERCHÉ SEDE DEL VICARIO DI CRISTO.

La trinitarietà del senso comune dei tre continenti bagnati dal Mediterraneo è la dimostrazione della verità della religione cristiana. L’africano manifesta il ruolo, che lo Spirito Santo ha all’interno della SS. Trinità. Egli vive per stabilire nel mondo la regalità dello Spirito della vita, muovendosi in un perenne presente.

L’asiatico esprime la regalità del Padre creatore e signore della legge della vita. L’europeo esprime la regalità del Figlio, chiamato a dominare il mondo nella libertà fino alla fine dei tempi. L’asiatico vede la vita come precetto, che lo riporta sempre al passato dell’atto creatore originario, mentre l’europeo vede la vita come libertà, che lo proietta nel futuro dell’incontro con il Figlio giudice del mondo.

La benedizione di Noè nei confronti di Iafet gli ha permesso di dilatarsi nelle terre di Sem. Da qui l’espansione europea in Asia. Essa però non ha comportato la schiavitù degli asiatici. Ricordiamo come l’India, sottomessa dall’Inghilterra, sia di stirpe giapetica.

Roma è la capitale spirituale del mondo, essendo Gesù Cristo, unito al Figlio, signore di un regno che non è di questo mondo, anche se verrà il regno dei mille anni. L’europeo è chiamato a dare unità al mondo nel tempo, per prepararlo all’incontro con il Figlio nel Giudizio universale. Egli manifesta il ruolo del Figlio all’interno della SS. Trinità, in cui ubbidisce al Padre nella libertà attraverso la mediazione dello Spirito Santo.

30) LA LIBERTÀ DI GESÙ CRISTO ED IL PROGRESSO.

Come il Figlio ha liberato il mondo dagli effetti del peccato originale con il suo sacrificio, così l’europeo è chiamato a rinnovare il sacrificio per l’africano e l’asiatico. Le missioni cristiane ne sono l’esempio più grande.

Il progresso scientifico europeo tende ad uniformare l’immagine dell’uomo a quella del Figlio, che è signore del tempo. L’europeo tende ad aumentare la quantità di lavoro prodotta nell’unità di tempo per liberarsi da ogni condizionamento fisico e per fermare il tempo nell’istante in cui potrà soddisfare contemporaneamente tutti i suoi desideri.

Gesù Cristo ha spalancato le porte della libertà ad ogni uomo. I benedettini hanno compiuto la rivoluzione cristiana nel lavoro umano. Prima di Cristo il mulino ad acqua era considerato un gioco. Il futuro era assicurato dal risparmio. Il lavoro muscolare degli schiavi o proprio era sufficiente alle esigenze più elementari della vita. La leva di Archimede era l’unico aiuto.

La rivoluzione tecnologica benedettina dell’introduzione del mulino in ogni settore dell’attività umana inizia il progresso umano, che è solo cristiano. I Cinesi avevano altre cognizioni scientifiche sconosciute agli europei. Ma non erano in grado di applicarle.

Ovunque nel mondo prima di Cristo dominava il pensiero espresso da Cicerone, che il risparmio fosse il miglior guadagno.

31) L’IMMOBILITÀ TEMPORALE E SPAZIALE DEL MONDO NUOVO

L’asiatico tende a collegare le forze fisiche in un equilibrio perenne in cui ad ogni forza corrisponde una forza uguale e contraria al fine di rendere immobile la costruzione spaziale dell’universo. L’immobilità sarà raggiunta nel momento del Giudizio universale, in cui l’universo sarà riconsegnato al Padre dal Figlio. All’immobilità temporale corrisponderà l’immobilità spaziale, in cui ogni forza fisica europea, usata per raggiungere l’immobilità temporale, farà parte di una costruzione asiatica finale, fatta di forze in perenne equilibrio. Contemporaneamente ci sarà l’immobilità del dono africano della vita, diventato anch’esso perenne, perché comprensivo di ogni forza possibile.

L’aumento europeo della quantità di lavoro nell’unità di tempo per fermare il tempo diventa l’aumento asiatico della quantità di lavoro nell’unità di spazio per fermare lo spazio, ma la trasformazione ha bisogno dell’aumento africano del dono della vita nell’unità spazio-tempo per fermare l’unità spazio-tempo.

Come il piccolo spazio delle miniature asiatiche vorrebbe comprendere nell’immobilità tutte le forze dell’universo così gli istanti europei del tempo vorrebbero comprendere tutte le azioni possibili. Ed il piccolo spazio-tempo africano tende a comprendere tutta la vita.

L’europeo esprime la regalità del Figlio sul tempo, l’asiatico la regalità del Padre sullo spazio, l’africano la regalità dello Spirito sull’unità dello spazio-tempo, che genera la luce della vita. L’europeo rinnova la creazione attraverso la croce di Cristo. L’africano la restituisce alla vita dello Spirito e l’asiatico alla legge del Padre.

Nel blog Reggianità si trovano alcuni articoli che vogliono essere di riflessione per aprire un laboratorio di vita trinitaria nella mia città. Esso può essere preso come esempio per ogni città italiana.

Reggio Emilia è popolata da razze diverse in grandi numeri. E’ la città più adatta a sperimentare le potenzialità della vita trinitaria.

2) Il pensiero trinitario della città di Reggio Emilia o la Restaurazione di Roma

LA REGGIANITA’ vuole essere un laboratorio di vita trinitaria per la città di Reggio Emilia. Città popolata da popoli diversi in grandi numeri. Una volta che si è consapevoli del fatto che ogni popolo può essere sè stesso in ogni angolo del mondo, perchè la sua identità emerge quando si incontra con gli altri popoli secondo un rapporto complementare fondamentalmente trinitario, ogni città diventa un’unità trinitaria.

Reggio Emilia può diventare il modello della nuova città trinitaria. Anch’esso, come il Rinascimento di Roma, deriva dallo sviluppo delle potenzialità trinitarie di Roma. Il nuovo corso della terza Roma si può chiamare la Restaurazione di Roma.  

Le filosofie nazionali da Cartesio in avanti hanno messo in evidenza il senso comune di ogni popolo europeo, compreso quello degli ebrei d’Europa. Ma si sono liberate della trinitarietà del pensiero agostiniano-tomista. E’ stata la filosofia italiana di Vico e Rosmini a collocare in ambito trinitario le filosofie nazionali europee. La vocazione italiana e reggiana in particolare è quella di collegare il pensiero dei popoli secondo un modello trinitario e complementare.

Le filosofie nazionali europee hanno spezzato ogni collegamento trinitario col pensiero africano ed asiatico. Ma in ogni attività s’incontrano il passato asiatico, il presente africano e il futuro europeo. La vita piena deriva dall’incontro nel presente africano tra il futuro europeo ed il passato asiatico. L’unità di tempo europea e l’unità di spazio asiatica s’incontrano nel punto africano.

INDICE:

1) ROMA, FIRENZE, REGGIO EMILIA, 2) LE IMPRESE TRINITARIE, 3) LA RIFONDAZIONE REGGIANA DEL 1500, 4) IL PRIMO MIRACOLO DELLA MADONNA DELLA GHIARA, 5) IL 15 SETTEMBRE 1772: IL TRASFERIMENTO DELL’UNIVERSITA’ DI REGGIO A MODENA, 6) LA RIFONDAZIONE REGGIANA DEL 2000, 7) LA LIBERAZIONE DELLE PASSIONI NAZIONALI, 8) LA FILOSOFIA TRINITARIA ITALIANA NON TOMISTA: IL VICO E IL ROSMINI.

1) ROMA, FIRENZE, REGGIO EMILIA

La città stato trinitaria romana abbracciava tutti i popoli perchè era governata da tre poteri diversi in stretta complementarietà trinitaria. Il Senato ( i cui componenti erano chiamati patres ossia padri) aveva il compito di collegare il presente al passato. Le magistrature, tra cui la principale era il consolato, avevano il compito di gestire il presente. Il popolo invece rappresentava il futuro. Esso era formato dalle gentes ossia dalle genti, che spesso coincidevano con i popoli di oggi. Le gentes erano unioni di famiglie legate da un’origine comune. Ad esse si potevano unire i popoli sottomessi. Il popolo, che onorava i senatori come padri, era costituito dai figli.

La politica estera era in mano al Senato, che aveva il difficile compito di mantenere le relazioni con gli altri popoli. Esso doveva salvaguardare l’identità di Roma che era nata da popoli diversi. Cosmopolita dalla nascita Roma ha mantenuto la sua apertura agli altri popoli fino alla fine. I patrizi romani erano i patres, che tenevano  aperta Roma agli altri popoli. La guida del Senato non poteva finire perchè altrimenti sarebbe finita l’unificazione del mondo secondo il pensiero trinitario romano di cui esso era il depositario.

Dopo Cristo la violenza non è più il modo giusto per unificare il mondo in modo trinitario. Oggi c’è il Papato, che ha la stessa missione della Roma antica, ma da svolgere in modo pacifico. Il mondo vecchio fatto di violenza e quello nuovo, fatto di rispetto, si scontrano continuamente. Ma tutti gli imperi sono finiti, perchè non è la violenza a guidare il mondo. L’antica città stato di Roma, basata sulle centurie militari, è risorta nel Medioevo in Firenze, basata sulle corporazioni del lavoro, che hanno portato al Rinascimento di Roma nell’ambito del lavoro. Oggi può risorgere a Reggio Emilia, basata sulle gentipopoli, in quella che potrebbe essere la Restaurazione di Roma.

2) LE IMPRESE TRINITARIE

In ogni attività si possono gestire imprese trinitarie, che sanno collegare il futuro dell’azienda alle sue origini, vivendo però nel presente. Nell’azienda trinitaria il futuro europeo diventa presente nell’apertura africana al domani europeo. Ma il presente africano è fatto anche del passato asiatico, che entra nel presente africano assieme al futuro europeo. Il passato asiatico, ossia la capacità asiatica di mantenere sempre presenti le origini dell’aziena e di collegare ad esse ogni progresso, entrando nel presente africano, permette al futuro europeo di muoversi in modo trinitario, ossia rispettando la capacità africana di vivere nel presente, che non è solo aspettativa del futuro, ma ricordo del passato.

In questo blog sono riportati articoli riguardanti grandi protagonisti della vita di Reggio Emilia per dimostrare come la loro grandezza derivi dal modo trinitario di affrontare la vita.

Da La Voce del 24 settembre e 29 ottobre 2017   

3) LA RIFONDAZIONE REGGIANA DEL 1500

1) L’importanza delle donne reggiane

Il Rinascimento riscopre e rende universali due dei grandi talenti reggiani: la grandezza delle sue donne, ammirata e cantata dai suoi uomini, e la passione per la politica. L’importanza mondiale di Reggio, come territorio, comincia infatti con la pace di Canossa del 28 gennaio 1077 tra il Papa Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV. Essa è stata voluta da Matilde, contessa di Canossa e discendente di quella casata.

Il periodo storico dalla metà del ‘400 all’inizio del ‘500 è il più importante per le città italiane, perché esse acquistano l’identità moderna, che hanno tuttora. Il Rinascimento reggiano ha calato l’idea platonica maschile del bello del Rinascimento fiorentino nella donna reale. Dalla contemplazione dell’idea si è arrivati alla sua incarnazione nella dolcezza femminile, cantata, come elemento indispensabile al fiorire della vita, dalla poesia dell’Ariosto e dalla pittura del Correggio. A Reggio c’era stata la Beata Scopelli e attorno alla città c’erano donne straordinarie, esperte in politica e amanti dell’arte, come Vittoria Gambara, contessa di Correggio, Isabella d’Este, marchesa di Mantova e Lucrezia Borgia duchessa di Ferrara, benemerita nei confronti di Reggio, perché vi ha introdotto l’arte della seta, che sarà la fonte della sua ricchezza. Ma sono state donne reali, che hanno partorito cinque o sei figli ciascuna. Da allora la vita è diventata quella di oggi, fatta di uomini e donne alla pari, consapevoli della propria identitàL’uomo neutro del Botticelli, Leonardo e Michelangelo a Reggio non aveva trovato seguaci.       

2) Il breve governo pontificio.

Nella seconda metà del ‘400 le città italiane, prima delle altre in Europa, acquistano il volto di oggi. La prospettiva geometrica unica di Filippo Brunelleschi fiorentino (1377-1446) e Leon Battista Alberti (1404-1472), nato a Genova da padre fiorentino bandito dalla città natale, che la codifica nel De Pictura del 1435, permette anche a Reggio di affrontare la realtà e di scoprire la propria identità. In più le guerre per l’Italia della fine del ‘400 e l’inizio del ‘500 tra la Francia e l’Impero prima e la Spagna poi rimettono in gioco le scelte delle singole città, in un nuovo ordine mondiale, che le rende non solo partecipi ma anche responsabili della propria identità. Reggio nel ‘500 è chiamata ad una rifondazione, come conseguenza della scoperta di sé stessa, avvenuta nella seconda metà del ‘400. La scoperta era stata passiva. Nel ‘500 invece si tratta di aderire o meno ad essa. Per Reggio la novità, che la mette di fronte a sé stessa e alle proprie responsabilità nel seguire la sua vocazione, è il breve dominio papale, che va dal 1512 al 1523, ricco di spunti.

3) La prevenzione dei Reggiani 

Il dominio papale era meno pesante e meno paternalistico di quello degli Este, perché gravava di meno tasse i paesi soggetti e rispettava le autonomie comunali. La Chiesa infatti viveva e vive soprattutto di donazioni. Si riservava solo i rapporti con gli stati esteri, come stava facendo a Bologna. Ma Reggio provava un certo sussiego sia nei confronti del Governo ecclesiastico che dei romani, fiorentini e bolognesi, che lo rappresentavano, considerati molli. Il pesante paternalismo estense sembrava più nostrano. Era ancora vivo il ricordo dell’arrivo a Reggio di Mastro Antonio setaiolo di Genova, inviato nel 1502 da Lucrezia Borgia, moglie del duca di Ferrara, Alfonso d’Este. Mastro Antonio aveva dato vita all’arte della seta, che stava arricchendo Reggio, per la qualità eccezionale dei tessuti.

Ma nel ‘600 i duchi estensi ci priveranno di tutti i quadri più belli, tra cui quelli del Correggio, al punto che Napoleone non troverà più niente da portare via, e nel ‘700 sposteranno a Modena la nostra Università.                                                                                

4) Il Rinascimento Reggiano

Le punte d’allora, come l’Ariosto e il Correggio, hanno valorizzato le doti femminili, per inserirle in un percorso di collegamento esaltante tra l’uomo e la donna. Esso si è concluso, dopo l’avvento di Lutero, che ha rilassato i costumi, nella scoperta della nudità femminile, ma in funzione dell’uomo. L’Ariosto ed il Correggio hanno vissuto la loro maturità quando Reggio era sotto il governo pontificio, iniziato nel 1512 e finito nel 1523.

5) I partiti moderni

Nella Reggio papale sono sorti per la prima volta in Italia i partiti moderni, perché, come nota il grande storico del ‘500 e governatore di Reggio dal 1517 al 1523, Francesco Guicciardini, la ragione pubblica si era aggiunta alle ragioni private. Gli Scaioli dominavano il partito favorevole al governo pontificio, i Bebbi quello favorevole agli Estensi spodestati, che ritorneranno nel 1523. Il lunedì di Pasqua del 1517 Giovan Battista Bebbi e quattro amici venivano uccisi dagli Scaioli. Il Governatore di Reggio, il prelato bolognese Giovanni Gozzadini, di nomina papale, era a Roma per trattare con Leone X i diritti della città, che allora aveva ripreso l’antico nome di res publica. Dopo l’omicidio tornava a Reggio per stabilire la pace più che la giustizia.

6) L’omicidio del governatore Gozzadini

Ma il 28 giugno 1517 nel Duomo di Reggio, durante la Messa al momento dell’elevazione dell’ostia consacrata, Gozzadini veniva ucciso per vendetta, perché sembrava proteggere gli Scaioli. Veniva assassinato in Duomo davanti alla Madonna del Pilastro, che allora era in posizione diversa rispetto ad oggi. Prima veniva colpito dal Betola e, raggiunto sulle scale dell’altare maggiore, trucidato dai 25 congiurati. Perivano alcuni del seguito e in città venivano uccisi decine di avversari ed incendiate e saccheggiate molte case. Il cadavere del Gozzadini era denudato e gli venivano tagliate le vergogne e su una picca portate alla casa dei Bebbi. Il Guicciardini subentrava al Gozzadini come governatore di Reggio e nel 1519 riusciva a concludere la pace tra le due fazioni.

7) La proposta dell’istituzione della festa della Riconciliazione civile.

Sarebbe bello istituire la festa della riconciliazione cittadina il 28 giugno di ogni anno, in riparazione delle sofferenze provocate a Reggio dalle lotte politiche, con una Messa vescovile in Duomo davanti all’immagine della Madonna del pilastro, che è Madonna del Parto, in presenza delle autorità e dei partiti politici reggiani. Sotto all’immagine della Madonna ci sono da 200 anni le spoglie della Beata Scopelli, che in punto di morte aveva chiesto alle sue suore di vivere tra loro nella carità per poter contemplare Dio ed essere già in Paradiso. La Madonna del pilastro diventerebbe la Madonna della Pace e la Beata Scopelli l’Angelo della Pace.

Da La Voce dell’8 settembre 2017

4) IL PRIMO MIRACOLO DELLA MADONNA DELLA GHIARA

1) La predilezione dei Reggiani per l’immagine della Madonna col Bambino Gesù, protettrice di Reggio: la prima e la seconda immagine sulla facciata del Duomo

Tra la seconda metà del ‘400 e la prima metà del ‘500 le città italiane foggiano la propria identità. Da allora i Reggiani hanno avuto una particolare predilezione per la Vergine Maria con Gesù Bambino. Nel 1466 veniva affrescata la facciata del Duomo con l’immagine della Madonna che abbraccia il Bambino per allattarlo. Lo scopo era di favorire la recita dell’Angelus nei confronti di coloro che frequentavano la Piazza antistante al suono delle campane del Duomo. Ma le intemperie cancellavano l’immagine. Nel 1522 i canonici del Duomo affidavano allo scultore Bartolomeo Spani l’incarico di forgiare la colossale statua dorata della Madonna col Bambino tra le statue più piccole dei primi benefattori: i coniugi Giroldo Fiordibelli e Antonia Boiardi. Il sorriso della Madonna è quello del Correggio. La statua è stata restaurata per volontà del vescovo Gibertini  e dopo 20 anni di restauri ricollocata sul suo terrazzo l’11 giugno 2015 dal Vescovo Caprioli .

2) La Madonna della nascita di Gesù del Correggio a San Prospero

Il Correggio potrebbe essere detto il pittore delle Madonne. L’Allegri effonde nei loro volti la grazia femminile aperta al sorriso, irradiata da quella luce, che è solo sua, e un’aria di festosità, che si trasmette allo spettatore. La pala de La Nascita di Gesù detta anche La notte venne commissionata da Antonio Pratonieri nel 1522, lo stesso anno della Madonna del Duomo, per la Cappella omonima in San Prospero. Acquistata con la forza da Francesco I per la sua Galleria nel 1640 e sostituita con una copia del Boulanger tuttora presente, ora è alla Gemaldegalerie di Dresda. La luce che scaturisce dal Bambino Gesù illumina la notte della Natività secondo le parole dell’evangelista S. Giovanni, che definisce Gesù la Luce del mondo. La pala era il gioiello di Reggio. Tuttavia quando venne portata via dal Duca era già stata costruita la Basilica della Madonna delle Ghiara.

3) La Madonna col Bambino della Ghiara

E poi c’è la Madonna della Ghiara cioè la reggianità del primo miracolo. La volontà divina ha voluto dare ai Reggiani la prova della sua presenza, con il grande miracolo di Marchino del 29 aprile 1596, avvenuto davanti all’umile immagine della Madonna della Ghiara del Bertone, allora detta del Canton dei Servi, perché affrescata sul muro di cinta del Convento dei Servi di Maria. La Madonna voleva una Chiesa a lei dedicata aperta alla preghiera dei fedeli, in cui fosse venerata come Madre di Gesù e Madre nostra. Il Duomo era invece dedicato a Maria Assunta.  Il miracolo, che aveva ridato la lingua e l’udito ad un povero giovane di 17 anni, nella città dell’Ariosto e del Correggio, benediva le doti reggiane di comunicatività e di apertura alla vita celebrate dai due artisti. Era come un incoraggiamento per la città a continuare sul loro esempio, per vincere quelle chiusure che erano presenti nella vita cittadina. Reggio infatti ha sempre avuto delle grandi punte, ma anche delle grosse difficoltà a seguirle. La festa del 29 aprile, pur mantenuta, è stata sostituita dalla festa dell’8 settembre, in cui si ricorda la Natività di Maria. I Reggiani non solo vogliono ringraziare Maria per il grande miracolo, ma anche ringraziare Dio per avercela donata, come sede della sua misericordia infinita.

5) IL 15 SETTEMBRE 1772: IL TRASFERIMENTO DELL’UNIVERSITA’ DI REGGIO A MODENA

1) L’origine imperiale dell’Università di Reggio

Il dramma reggiano del trasferimento dell’Università di Reggio a Modena si consuma il 15 settembre 1772, ottava della festa della Madonna della Ghiara dell’8 settembre precedente. Gli otto giorni che si contano dalla festa costituiscono come un’unica grande festa. Il 15 settembre 1772 fu invece una giornata molto triste per i reggiani. Era come se la Madonna stessa avesse voluto riprenderli e proprio dopo la celebrazione, avvenuta il 14, dell’Esaltazione della Santa Croce.

Sorge spontaneo il paragone tra l’università reggiana e quella di Heidelberg, la più antica della Germania. La prima sorta con le bolle imperiali di Carlo V del 1532 e di Massimiliano II del 1571, la seconda con la bolla papale di Urbano VI del 1386. La scelta di campo dei Reggiani fu determinante per decretare la fine dell’università. L’Impero alla fine del ‘700 era in agonia e contro le mire del Duca non poteva aiutarli. Invece l’università papale salvò Heidelberg anche dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Infatti il Presidente Roosevelt aveva dato ordine di non bombardarla in ricordo delle due volte in cui da ragazzo era stato ad Heidelberg ed aveva ammirato la sua università. In più la città divenne la sede del comando americano in Germania.

2) Il potere assoluto del Duca di Modena

Nel 1772 Reggio Emilia pagava le conseguenze della politica del duca. La crisi economica e finanziaria della seconda metà del ‘700 rafforzò le basi della monarchia assoluta, giacchè i problemi sembravano troppo grandi per i gruppi di potere reggiani. La Corte e la Nobiltà si erano schierate dalla parte del duca e la borghesia reggiana si riteneva troppo debole per liberarsi del soffocante potere ducale. Il Consiglio degli Anziani, formato da una nobiltà recente, era dalla parte del Duca che in cambio elargiva somme ingenti per gli svaghi e gli ozi dei nobili. Venivano costruite la reggia di Rivalta ed il nuovo teatro.

Fiorente a Reggio era l’Università, che, a seguito dell’acquisto da parte del vescovo Gianmaria Castelvetri ( 1750-1785 ) del palazzo Busetti in piazza del Monte, vi veniva trasferita nel 1752 assieme al Seminario. L’università aveva allora 120 alunni. Tutti gli insegnamenti già separati di teologia, medicina, diritto, filosofia e matematica vi confluivano ed avevano per maestri tra gli altri Don Lazzaro Spallanzani, Don Bonaventura Corti e Don Giambattista Venturi. Nel Palazzo Busetti aveva sede anche l’Accademia degli Ipocondriaci che comprendeva lo Spallanzani, il Venturi, Laura Bassi e Giuseppe Parini. Carlo Goldoni vi si fermò. Agostino Paradisi, Francesco Cassoli, Giovanni Paradisi, Luigi Lamberti sono tutte figure fiorite attorno all’Università.

3) L’incameramento dei beni ecclesiastici

La stretta sulla Chiesa da parte del Duca Francesco III d’Este, regnante dal 1737 al 1780, inizia con la tassazione degli ecclesiastici e delle Opere Pie. Nel 1767 veniva proibito alla Chiesa di ereditare, di ammassare livelli, di far contratti di compere, vitalizi e censi. Nel 1769 furono soppresse a Reggio 9 parrocchie. Nel 1773 saranno poi incamerati i beni dei Gesuiti. Tra il 1782 e l’83 saranno soppressi 15 monasteri dei 25 esistenti nel 1780, che allora contavano 767 religiosi dei due sessi. I beni dei monasteri soppressi e degli altri enti ecclesiastici servirono per sanare gli sbilanci dell’amministrazione e per l’istituzione di nuovi istituti ma di mano pubblica. Tutto questo tuttavia non salvò lo stato estense dalla bufera napoleonica. In più le soppressioni non favorirono la formazione di una classe di piccoli proprietari. I fittavoli lasciavano intatti i latifondi e introducevano nuove colture come prati e risaie che diminuivano invece le tradizionali culture di grani ed uva. I prezzi aumentarono ed anche i coltivatori diventati salariati. La Corte era sempre più ricca e isolata dal popolo. Le Opere Pie, le Corporazioni e le rappresentanze delle vicinie venivano sottoposte al governo centrale.

4) Il trasferimento dell’Università

Il trasferimento dell’università di Reggio a Modena rientrava nei piani del duca di ammassare quanto più poteva attorno a sé di ciò che di buono ci fosse nel ducato. Ricordiamo la Galleria Estense di Modena piena dei quadri rapinati dai duchi nel corso dei secoli dalle terre e dalle Scuole e Chiese del Ducato.

I Reggiani si ribellarono al duca nel 1796 ma senza poter riprendersi nulla. Forse allora è mancata la fede nella potenza d’intercessione della Madonna della Ghiara. Il Vescovo non si era opposto alla chiusura delle parrocchie e al trasferimento dell’Università. La Municipalità di Reggio si oppose ma stando al gioco del duca senza osare scoprirne le carte. Nessuno ricordò al duca che Reggio si era sottomessa agli Estensi con un patto che prevedeva il privilegio per i Reggiani di conferire la laurea in medicina e giurisprudenza. E’ stata la mancanza di fede dei Reggiani, che ha permesso al duca di vincere e sottomettere completamente Reggio.

6) LA RIFONDAZIONE REGGIANA DEL 2000

1) La costituzione trinitaria romana.

Oggi bisogna ripensare il ruolo dei partiti, rifacendoci allo stemma di Reggio, unico ad essere uguale a quello di Roma. SPQR significa infatti Senatus PopulusQue Romanus ma anche Senatus PopulusQue Regiensis. La costituzione trinitaria repubblicana aveva reso invincibile Roma, perché impediva la formazione dei partiti. La base prima era la famiglia. I tre poteri della città di Roma erano il Senato, il Popolo e le Magistrature. Il Senato riuniva le famiglie più antiche. Esso aveva la funzione di custode delle tradizioni romane e guidava la politica estera. Il Popolo riuniva tutte le famiglie romane in tribù o gentes aperte alle città sottomesse, che si potevano iscrivere ad esse. Poi c’erano le magistrature, da eleggere nei comizi del Popolo. Tutte tre le parti avevano sia il potere legislativo che esecutivo. Le magistrature sapevano mediare tra il vecchio e il nuovo.

Ma l’entrata a Roma delle filosofie ellenistiche con gli Scipioni e i Gracchi alterarono l’equilibrio trinitario. Dalle filosofie stoica ed epicurea nasceranno i due partiti degli ottimati e dei popolari, in mano alle famiglie più influenti e le magistrature rinunceranno alla propria autonomia schierandosi o con gli uni o con gli altri. Da quei due partiti sono nati i due antagonisti del bipolarismo politico.

2) Ripensare il ruolo dei partiti: dal popolo ai popoli.

La prima Roma era divisa nei comizi centuraiati, la seconda Roma, sorta a Firenze, era divisa nelle corporazioni del lavoro, anch’esse di origine romana, la terza Roma di oggi, che sorgerà a Reggio Emilia, sarà divisa nelle genti o popoli. Anche il termine genti è romano. Da Reggio inizierà la Restaurazione di Roma, come da Firenze era iniziato il Rinascimento di Roma. Il popolo della terza Roma sarà diviso nei popoli del mondo. La terza Roma comprenderà come le altre due il Senato e e le Magistrature, ma sarà divisa in genti. 

3) La Restaurazione di Roma nella Nuova Reggio Emilia dei popoli. 

Il bipolarismo romano-ellenistico dei partiti è approdato in Inghilterra con le lotte tra i Whig e i Tory. Da lì è passato in Francia all’interno dell’Assemblea legislativa unica di Rousseau, mentre le magistrature conservavano solo il potere esecutivo. Oggi sembra impossibile cambiare la nostra costituzione. Eppure il successo della Roma trinitaria testimonia un modo di far politica, che è basato sul modello della famiglia. Potrebbe servire a gestire la nuova immigrazione in Italia, in Europa e nel mondo, come già è avvenuto con il Rinascimento (di Roma) ad opera dei Benedettini e dei comuni. Adottando essi la costituzione romana prima all’interno dei conventi e poi delle città, avevano  riunificato non solo l’Italia ma anche l’Europa occidentale dopo le invasioni barbariche. Oggi è il tempo della Restaurazione di Roma.

La prima Roma, la seconda e la terza nascono tutte da molti popoli.  La prima dai popoli italici, la seconda dai popoli europei, la terza dai popoli del mondo. A differenza di Atene, che nella costituzione di Pericle dava la cittadinanza solo agli ateniesi delle famiglie più antiche, Roma è sorta e risorta sempre dalla mescolanza dei popoli.

7) LA LIBERAZIONE DELLE PASSIONI NAZIONALI.

Il grande pensiero reggiano è trinitario come quello italiano. Col Rinascimento il pensiero italiano ha perso l’universalità agostiniana-tomista, fatta di Rivelazione e logica aristotelica. Leonardo da Vinci (1452-1519) e Niccolò Machiavelli (1469-1527) hanno liberato la potenza della passione, che è entrata nello spirito dei nuovi stati europei, per liberare il proprio senso comune. Sono sorti dapprima il razionalismo francese con Renato Cartesio (1596-1650), il sensismo inglese con Tommaso Hobbes (1588-1679). Poi il legalismo ebraico di Benedetto Spinoza(1632-1677) e il trinitarismo italiano con Giambattista Vico (1669-1744). Egli ha recuperato la filosofia francese e inglese in ambito trinitario all’interno della sua filosofia della storia. Dopo è arrivato l’idealismo tedesco con Emanuele Kant (1724-1831) e l’idealista Giorgio Hegel (1770-1831) ha collocato in esso il trinitarismo italiano e vichiano. Ma Antonio Rosmini (1797-1855) ha continuato l’opera del Vico collocando anche l’idealismo in ambito trinitario. L’idealismo  con Hegel è passato in Russia ed è stato preso a modello per il materialismo russo di Dostoijewskj e Tolstoj. Da Tolstoj è passato nella resistenza passiva di Gandhi. Marx e Nietzche hanno inserito Hegel (e il Vico) nel legalismo ebraico ed asiatico, che prevede la ripetizione degli eventi secondo leggi universali naturali. Nella ripetizione aumenta il potere della legge o norma così come per i Cinesi e i Giapponesi. Ultima conseguenza della liberazione del senso comune di ogni popolo è stato il desiderio dell’indipendenza nazionale per i popoli europei ed asiatici.

8) LA FILOSOFIA TRINITARIA ITALIANA NON TOMISTA: IL VICO E IL ROSMINI

Da La Libertà del 7 marzo 2018

Il grande Antonio Rosmini (Rovereto, 24 marzo 1797 – Stresa, 1º luglio 1855) si manifesta nella teosofia, ossia nell’intreccio tra la filosofia e la teologia, che riscopre la Rivelazione come base indispensabile per la conoscenza.

Già Giambattista Vico (Napoli, 23 giugno 1668 – Napoli, 23 gennaio 1744) nel ‘700 aveva recuperato la trinitarietà dell’uomo, quale immagine divina, rivelata da Gesù Cristo, per sviluppare la scienza della storia e aveva inserito in una costruzione trinitaria il sensismo inglese e il razionalismo francese. Egli aveva ricollocato la filosofia europea del suo tempo nella teologia della Rivelazione. Da Cartesio (La Haye en Touraine, oggi Descartes, 31 marzo 1596 – Stoccolma, 11 febbraio 1650), in avanti infatti sono sorte le filosofie nazionali basate sul senso comune dei popoli. Da allora il grande pensiero italiano non è stato più tomista, perchè ha saputo vedere quanto c’era di originale nelle filosofie nazionali, per ricollocarle in ambito trinitario.

Altrettanto fa il Rosmini con l’idealismo tedesco. Questo movimento, sorto in Germania sul pensiero del Vico, era uscito dalla trinitarietà rivelata perché sviluppato in ambito luterano dove la libertà del Figlio era il valore assoluto capace di scardinare la trinitarietà del pensiero agostiniano-tomista. La grandezza di Rosmini è paragonabile a quella del Vico, per aver di nuovo riportato la filosofia europea nell’ambito della Teologia della Rivelazione. I grandi filosofi italiani moderni sanno ricapitolare i pensieri nazionali in sistemi che li comprendono tutti. Il segreto sta nella capacità di spegnere la sregolatezza delle passioni, di moto accelerato, per farle muovere di moto a velocità costante e poterle collegare tra loro in ambito trinitario, dove da concorrenti diventano complementari. Già il diritto romano aveva saputo farlo.

1) Il Circolo solido: la teosofia

Lo strumento usato da Rosmini per reinserire la filosofia nella teologia in modo reversibile è stato il circolo solido. Esso sviluppa la teosofia, né filosofia e nè teologia e parte dalla Rivelazione per costruire l’ontologia, che è la scienza degli enti. Quest’ultima a sua volta illumina la teologia della Rivelazione con la logica: l’ente astratto della filosofia diventa realtà attraverso la Rivelazione, che non è in contrasto con la logica, perché anch’essa trinitaria. Poi di nuovo l’essere reale ridefinisce l’universale in un circolo solido, ossia solidale in ogni parte. E’ la solidarietà trinitaria di Dio con l’uomo, che abbraccia ogni aspetto della sua vita: le tre forme dell’essere del Rosmini, ideale, reale e morale, si sintetizzano in uno scambio continuo dal particolare all’universale e viceversa. Il filosofo di Rovereto si basa sul pensiero di Sant’Agostino, che usa la fede per illuminare la ragione e la ragione per definire l’uomo trinitario, che non è in contrasto con la logica. Rosmini gli sottomette l’idealismo, così come aveva fatto il Vico con il sensismo inglese e il razionalismo francese, ma conservandone gli aspetti positivi derivati dal loro senso comune.

2) La Rivelazione dice Chi è Dio

Oggi l’etica laica è basata sulla sociologia. Invece Rosmini passa dalle categorie teologiche all’ontologia. Con la filosofia posso affermare che Dio c’è, ma non posso dire Chi è. L’ontologia deduce Dio dall’ente come un astratto. Ma piuttosto che dall’esperienza bisogna assumere le categorie teologiche dalla Rivelazione per attribuire il nome a Dio e all’essere. Essa dà un volto agli enti astratti, che a loro volta permettono di comprendere meglio Dio. Il senso dell’uomo deriva da Dio e il senso di Dio deriva dall’uomo in un rapporto circolare esclusivo. La vera laicità consiste nell’amare e scegliere Dio, perché la filosofia non è limitata dalla Rivelazione, ma completata.

3) Come procede la teosofia trinitaria

L’ideale, il reale e la morale sono forme inferiori della SS. Trinità nell’ordine: Padre, Figlio e Spirito Santo. Gli enti e l’essere hanno come archetipo l’essere perfetto, trinitario. La teosofia ripete l’astrazione divina. L’atto creativo è pensabile in tre fasi: l’astrazione divina, l’immaginazione divina e la sintesi, in cui ogni Persona della Divina Trinità svolge il proprio ruolo. L’astrazione umana è capace d’imitare l’attività immanente a Dio stesso. Il discepolo diventa come il maestro.

4) La Rivelazione dice chi è l’uomo

Il naturale è nel soprannaturale. La grazia perfeziona la norma. L’astrazione teosofica è l’astrazione divina. I filosofi cristiani Federico Sciacca (Giarre 1908-1975) e Jacques Maritain (Parigi 1882- 1973) l’hanno reso esplicito. Rosmini non può essere sottomesso alla filosofia di San Tomaso d’Aquino, ossia alla scolastica. E’ sintetico in modo trinitario. La teosofia non si costruisce dalle altre scienze, come invece ha fatto Cartesio con la matematica per spiegare la teologia, ma parte dalla Rivelazione. Nel cristianesimo c’è il mediatore Cristo che dice di sé e di Dio e del Padre nella Rivelazione. L’umanità è cristocentrica da sempre. Chi ama è da Cristo. Oggi invece la morale oggettiva è negli atteggiamenti sociologici.

3) Il pensiero trinitario dei grandi Reggiani

INDICE:

1) LA VITA DELLA BEATA GIOVANNA SCOPELLI, 2) L’EREDITA’ DELLA BEATA SCOPELLI NEL RINASCIMENTO REGGIANO, 3) IL FENOMENO DEI CORPI INCORROTTI NELLA BASSA PADANA DEL ‘400, 4) LA COPPIA LUDOVICO ARIOSTO (1474-1533) E ANTONIO ALLEGRI DETTO IL CORREGGIO (1489-1534), 5) LA COPPIA LAZZARO SPALLANZANI (1729-1799) E GIOVANNI BATTISTA VENTURI (1746-1822), 6) LA COPPIA ANTONIO FONTANESI (1818-1882) ED ANGELO SECCHI (1818-1878)

Da La Libertà dell’ 8 luglio 2017                                       

1) LA VITA DELLA BEATA GIOVANNA SCOPELLI

1) La nascita e la vita in famiglia

La tradizione ritiene che la Beata nascesse nel 1428, avvalorata dall’affermazione scritta sulla sua tomba, che morisse nel 1491 di 63 anni. Ma essa viene battezzata domenica il 2 agosto 1439, perciò l’anno di nascita potrebbe essere lo stesso 1439. I suoi genitori sono Simone Scopelli, macellaio e Caterina de Oleo. Viene chiamata Giovanna come la nonna paterna. Era la decima di dodici figli. E’ stata particolarmente amata dai genitori, perché era la quarta figlia di nome Giovanna, dopo che le tre precedenti erano morte in tenera età. I genitori profondamente cristiani le infondono la pietà nei confronti di Dio e del prossimo. La sua vocazione religiosa si manifestava già a cinque anni. La grazia divina sovrabbondava e la giovanissima Giovanna la rafforzava coi digiuni, le penitenze e i cilici di contrizione.

2) Il primo miracolo

Giovanna desiderava passare alla vita del chiostro, ma la famiglia si opponeva. I genitori volevano maritare le figlie rimaste. Giovanna era la quarta. La beata era anche ostacolata da due sorelle più grandi nel suo desiderio di darsi al Signore. Allora invocò il Suo aiuto per maritarle. Due nobili signori da fuori Reggio mandavano i parenti a chiederle in sposa, senza averle mai conosciute. I genitori erano stupiti. Giovanna, che sapeva come fossero venuti grazie alle sue preghiere, li convinceva affermando essere questa la volontà divina. Ma essi volevano far sposare anche Giovanna, che, libera dalla soggezione delle sorelle, aveva fatto voto di castità e si era consacrata all’amore di Gesù.

3) La vestizione della Beata e la morte dei genitori.

La vergine Giovanna si vestiva dell’abito carmelitano con un ispido cilicio tenuto fino alla morte e con una catena di ferro tutta attorno al corpo. Ma l’opposizione dei genitori era forte, fino a che improvvisamente morivano entrambi. La Beata usciva subito dalla casa paterna rinunciando ad ogni eredità e con la sola sua rozza veste e un Crocifisso andava ad abitare in casa di una povera donna. Aveva il grande desiderio di fondare un convento carmelitano, ma la donna stessa con cui viveva la derideva, facendole notare quanto essa fosse povera. Giovanna rispondeva dicendo di tenere un tesoro nascosto, il Bene del Crocifisso, che la rendeva la più ricca di tutte le donne.

4) L’acquisto del luogo in cui viene fondato il monastero. La visione in sogno di S. Bernardo. La prova.

La preghiera della Giovanna di fondare un convento carmelitano femminile doveva essere presto esaudita. L’umile suo cuore l’aveva attirata fin da bambina verso una Chiesa dedicata a San Bernardo, con un piccolo orto e una casa appartenente ai Frati Umiliati o Umili. Essa si trovava in Via Campo Marzio, in luogo appartato. Aveva pregato per avere un segno divino di approvazione alla sua scelta di farne il nuovo Convento carmelitano. Le era apparso San Bernardo che l’aveva incoraggiata. Su richiesta di Monsignor Filippo Zoboli di Reggio, abate di S. Prospero fuori le mura, il Padre Jacopo Terzi Landriano, prefetto dell’ordine, otteneva dal Papa Innocenzo VIII il permesso di vendere il luogo alla Scopelli. Monsignor Zoboli faceva da garante. Era il 1481.

Ma nella vita della Scopelli dopo la grazia arriva la prova. Una donna, che vantava di aver ricevuto la promessa d’acquisto della Chiesa di San Bernardo prima della Scopelli, convinceva il Prevosto della Chiesa dell’impossibilità di Suor Giovanna di onorare il contratto. La dolcezza, la costanza e l’umiltà della Scopelli vincevano le resistenze del prevosto, che voleva rompere il contratto con la Beata. La donna però insistette e persuase ancora una volta il prevosto a romperlo. Egli, pieno d’astio, andò dalla Beata, deciso a cacciarla dalla nuova casa. Ma essa con parole ancora più dolci riuscì a convincere per sempre il prevosto dei suoi diritti e della certezza che Dio l’avrebbe aiutata. La prova fu lunga perché il possesso del convento sarà registrato nel 1486.

5) La costruzione del Monastero delle Monache Bianche. 

Il Convento fu intitolato a Santa Maria del Popolo, perché era stato costruito con le offerte dei Reggiani e a loro apparteneva. Tra i benefattori spicca Cristoforo Zoboli fratello di Monsignor Filippo. Esso fu chiamato anche il Monastero delle Suore Bianche per onorare la purezza, che il bianco del Manto Carmelitano voleva richiamare, di Vergini Spose del Signore. La prova della disperazione accompagnò la costruzione del Monastero, attraverso le critiche di chi non credeva che il Monastero sarebbe stato completato. Si diceva che fosse inutile, perché Giovanna si sarebbe potuta chiudere in un monastero già esistente. Gli attacchi permettevano alla beata di mostrare le sue doti di umiltà e dolcezza. La sua costanza faceva risaltare la sua fede incollabile nell’aiuto del Signore.

A Reggio faceva scalpore la straordinaria forza della Scopelli nel resistere ai continui attacchi di chi non credeva che una donna potesse fare tanto. Essa mostrava quanto l’umile dolcezza femminile fosse necessaria per migliorare il mondo.

6) In Casa Castelli. Il primo timore di perdere la salvezza e la prima incoronazione mistica.              

Nel frattempo una buona vedova, Isabetta Castelli, madre di due sagge e devote figliole, Antonia e Taddea, la chiamava a sé e si offriva di accoglierla nella sua casa della Parrocchia di San Pietro, dove, assieme alle due figlie, avrebbero assieme servito il Signore. In più metteva le sue sostanze a disposizione per la costruzione del sospirato convento. La Scopelli nel 1482 otteneva il permesso di trasformare la casa in convento e di viverci assieme alle sue benefattrici, che volevano farsi suore, e ad altre tre suore, secondo la regola carmelitana. Essa ne era la priora.

Reggio riceveva grande consolazione dal monastero femminile e le vocazioni aumentavano. Tutto sembrava seguire un preciso disegno divino. Ma Suor Giovanna doveva subire la prova della tentazione per dimostrare di condividerlo fino in fondo. Essa veniva assalita da violenti scrupoli che la facevano continuamente disperare della salvezza. Resisteva attraverso la preghiera, il pianto e gli sfoghi del cuore, ma soffriva molto. Finalmente sentì dirsi di non temere le insidie del demonio e le sembrò di essere incoronata di luce.

7) Giovanna converte l’eretico Agostino. La seconda prova della disperazione della salvezza e la seconda incoronazione mistica.

Ricorrevano a lei i più tribolati, e tra questi una donna, che aveva un figlio di nome Agostino. Egli aveva abbracciato l’eresia manichea, che nega la natura umana di Gesù. Giovanna cercò di persuadere Agostino mostrandogli la bellezza del Paradiso, per accedere al quale occorreva la conversione, e l’orrore dell’inferno, in cui sarebbe caduto se fosse rimasto nell’eresia. Digiunò, pianse, afflisse se medesima e finalmente ottenne la grazia. Ma ecco che di nuovo era tentata dalla disperazione di salvarsi. La generosa Giovanni con la stessa umiltà usata per la conversione di Agostino vinse anche il demonio. Di nuovo le appariva Gesù nella gloria, splendente di luce, tra le schiere angeliche, che la circondarono. Egli le disse di non temere e di continuare nelle opere buone. Per la seconda volta la incoronava di una preziosa corona.

8) I doni della Beata. I maltrattamenti del demonio.

Suor Giovanna guidò fino alla morte il Convento. Essa era dotata del dono della profezia e dei miracoli, guarendo gli infermi, liberando gli ossessi e predicendo la vita e la morte: ad una donna sterile un figlio maschio. Stava spesso in estasi anche per otto ore continue. Nella notte di Natale contemplò la vista di Gesù bambino tra le braccia di Maria. Lo vide per Pasqua gloriosamente risorto. Ma era maltrattata dal demonio, che spesso le balzava addosso per soffocarla, la picchiava e una volta la fece cadere dalle scale. Spirava il 9 luglio 1491 chi dice a 63 anni, chi a 52, anche in questo contrastata dal demonio. Prima della morte le appariva un’ultima volta Gesù giovanetto, vestito di bianco come la Beata, che l’incoronava con un fascio di rose che teneva in mano. Quest’apparizione la indusse a salutare le suore con un lungo e commovente addio. Esso finiva invitandole ad osservare i voti, ad amare Gesù e a stare unite nel vincolo della carità per godere anche in terra la pace del Paradiso.

9) La preghiera chiamata la Camicia o Tunica della Gloriosissima Vergine Maria.

La preghiera  della Beata era di contemplazione. Essa vedeva le perfezioni divine e la propria miseria. Accompagnava la contemplazione col digiuno per sottomettere meglio il corpo. Pregava cinque ore al giorno sia di giorno che di notte. Aveva una grande devozione per la Madonna, alla quale rivolgeva quindicimila Ave Marie, e ogni cento una Salve Regina, e dopo diceva per sette volte Ave maris stella e altrettante O Gloriosa Domina. La Beata chiamava questa devozione la Camicia della Gloriosissima Vergine Maria, convinta che essa fosse gradita e vicina a Maria Vergine come la sua veste.

10) La beatificazione della Scopelli. 

Il primo processo di beatificazione alla Scopelli fu fatto nel 1500-1501, perché il corpo fu trovato incorrotto come se fosse appena spirata ed emanava un soave profumo. Tre suore toccandola guarirono. Nel 1771 il nuovo processo canonico riconosceva l’eroicità delle virtù e la verità dei miracoli della Beata Giovanna Scopelli, ottenuti dopo la sua morte, ed essa veniva inserita nel ‘Canone dei Beati’. Nella cappella a destra dell’altare maggiore del Duomo di Reggio, per chi guarda, a lato dell’altare con il corpo della Beata, dominato dalla Madonna del Pilastro, si trova il quadro del Vercellesi, che rappresenta il dissotterramento del suo corpo incorrotto. La festa della Scopelli era molto solenne e veniva annunciata molti giorni prima con le campane e il giorno prima con le trombe.

2) L’EREDITA’ DELLA BEATA SCOPELLI NEL RINASCIMENTO REGGIANO

La Beata Giovanna è la prima donna che, senza seguire alcun fondatore maschile di ordini, inizia un nuovo percorso spirituale. Fidando nelle potenzialità della grazia femminile le ha consolidate con la preghiera incessante. Come Maria è venuta prima di Gesù così la Beata Giovanna ha reso possibile il nuovo corso nelle arti dell’Ariosto e del Correggio. Per illuminazione divina essa ha compreso l’importanza delle doti femminili della dolcezza e dell’umiltà. Fino ad allora il Rinascimento, pur avendo avuto delle nobili donne quali ispiratrici di singoli grandi artisti, non aveva ancora ricevuto direttamente l’impronta femminile. E’ la profonda umanità della Scopelli a sconvolgere l’indirizzo esclusivamente maschile intrapreso dal Rinascimento, che prima del Correggio con Raffaello era arrivato ad esaltare la bellezza femminile quale ispiratrice universale dell’uomo, ma inserita nella visione platonica fiorentina. Le doti femminili del senso pratico e dell’amore per la vita della Beata influenzeranno l’arte dell’Ariosto e del Correggio, affascinati come tutti i Reggiani dalla profonda umanità delle Suore Bianche della Beata Giovanna.

La Beata Giovanna ha svolto il doppio compito di dare un nuovo indirizzo all’ordine carmelitano e al Rinascimento.

Da La Libertà di Reggio Emilia del 1° luglio 2017

3) IL FENOMENO DEI CORPI INCORROTTI NELLA BASSA PADANA DEL ‘400

1) Le beate Giovanna da Reggio e Arcangela da Trino Vercellese e Santa Caterina da Bologna

La seconda metà del ‘400 vede apparire rispettivamente a Reggio e a Mantova due straordinarie figure di suore carmelitane: a Reggio la Beata Giovanna Scopelli (1428-1491) e prima a Parma e poi dal 1492 a Mantova la Beata Arcangela Girlani da Trino Vercellese (1460-1494). Entrambe dotate di carismi straordinari e complementari. La beata Giovanna nel suo amore per Cristo crocifisso anelava a condividerne i patimenti per ottenere grazie di ogni genere per il popolo. La beata Arcangela invece aveva uno speciale amore per la SS. Trinità.

Entrambe hanno fondato un nuovo monastero. La beata Giovanna il Monastero di Santa Maria del Popolo, la beata Arcangela il Monastero di Santa Maria del Paradiso detto anche il Carmelino di Mantova. La prima riviveva i patimenti di Gesù e subiva gli attacchi del demonio. La seconda mostrava la perfezione della vita devota, resa possibile dalla resurrezione di Gesù. La sua vita era immersa nell’amore della SS. Trinità in un modo che faceva pensare al Paradiso. Il desiderio della Beata Arcangela, priora del nuovo monastero, era quello di mostrare al mondo la perfezione della vita angelica. Voleva che le sue monache pur vivendo in terra fossero come assorte in Cielo. Cadeva spesso in estasi e lievitava dal suolo.

Due beate dell’ordine carmelitano ed entrambe dipendenti dal Convento di Mantova, sotto il quale erano sia Parma che Reggio. La complementarietà della loro azione era un invito ad adorare e a condividere tutta la vita di Gesù.

Esse hanno avuto il privilegio di non vedere la corruzione del proprio corpo ed entrambe sono state sfrattate dal convento carmelitano, in cui erano venerate, per le soppressioni napoleoniche, per approdare, la beata Giovanna nel 1798 nel Duomo di Reggio, la Beata Arcangela nel 1802 nella chiesa dell’ospedale di S. Lorenzo a Trino Vercellese. Dal 1803 la Beata Giovanna si trova nella Cappella Rangoni sotto l’immagine della Madonna del Pilastro coeva alla Scopelli e davanti alla quale, mentre assisteva alla messa, fu ucciso il governatore di Reggio Giovanni Gozzadini nel 1517.

Il convento e la chiesa del convento delle Monache Bianche, dove si è conservato il corpo della Beata fino al 1798, sono stati demoliti all’inizio dell’800 e sul terreno è stata prima costruita una casa Bolognini e poi dal nobile Roberto Levi, fratello di Ulderico, la propria villa in stile liberty passata poi ai Terrachini fino a cinque anni fa allorchè è diventata proprietà della Iter.spa. Ma l’orto e la via adiacente, detta delle Bianche, sono state acquistate nel 1873-75 da Don Zefirino Jodi che vi ha eretto il muro di confine a levante del Pio Istituto Artigianelli.

Contemporanea delle due beate è la clarissa Santa Caterina Vigri Bolognese (1413-1463) Il padre, ferrarese, proveniva dalla corte estense. E’ stata priora del nuovo convento del Corpus Domini aperto a Bologna. Il suo corpo incorrotto e flessibile si venera nella cappella appositamente costruita per lei nel convento stesso.  Essa conosceva i segreti altrui e preannunciava eventi futuri. Ha scritto il Trattato delle sette armi spirituali, dove l’umiltà era inseparabile dall’obbedienza.  Il suo monastero era aperto a tutti, che non solo ricevevano lumi per la loro vita interiore ma anche ammiravano il nobile comportamento della santa, nonostante le sue grandi sofferenze.  Il suo ruolo era quello di donarsi come ostia consacrata e alimento spirituale a coloro che incontrava.

2) Le beate Domenica Lazzeri e Maria de Morl      

Nella metà dell’800 si ripresenterà in Trentino Alto Adige una coppia di Beate simile a quella di Reggio e Mantova. E’ bene ricordarle per precisare meglio il rapporto tra le Beate Arcangela e Giovanna. A Caprara, paese trentino aggrappato ad un monte, vive la Beata Meneghina o Domenica Lazzeri (1815-1848), poi sepolta nel cimitero dietro alla Chiesa parrocchiale, e nell’ Alto Adige di lingua tedesca, ma che parlava anche l’italiano, Maria de Morl (1812-1868), di cui è in corso il processo di beatificazione, detta l’estatica di Caldaro, dell’ordine secolare delle Terziarie francescane, sepolta nell’anticamera del Cimitero di Caldaro. Entrambe stigmatizzate, tutti i giovedì e venerdì rivivevano la passione di Cristo e versavano il sangue dalle stigmate delle mani, dei piedi, del capo e del costato. Rimanevano immobili a letto senza mangiare né bere. La prima teneva sempre le finestre aperte per mostrare il calore dell’amore di Gesù quando era in croce. Per una settimana rimase con l’Ostia consacrata sulla lingua. La seconda era spesso in estasi e in estasi ogni settimana riviveva la passione di Gesù. Abitava nel ridente paese di Caldaro allietato da un delizioso laghetto di montagna. Pur di lingua tedesca amava e conosceva l’italiano. Tra Capriana e Caldaro, separate dalla lingua, c’era la stessa differenza che tra Reggio e Mantova nel ‘400. Allora Reggio era un’umile città di provincia, mentre Mantova, città ducale, viveva in pieno lo splendore del Rinascimento col Mantegna

3) Il Correggio e l’ Ariosto

Le beate Giovanna e Arcangela vivevano la passione e la resurrezione di Gesù in monasteri, che dovevano essere aperti alle città per svelare a tutti le meraviglie dell’Amore Divino. Mediavano tra Dio e gli uomini davanti a tutti perché si vedesse bene quando Dio aveva fatto e continuava a fare per gli uomini. Coi digiuni e le dure penitenze le due beate ottenevano grandi miracoli sia per lo spirito che per il corpo.  La beata Giovanna subiva le persecuzioni del demonio perché con la sua impressionante capacità di pregare otteneva grandi conversioni. Il razionalismo di Leonardo da Vinci (1452-1519) e di Machiavelli (1469-1527), proveniente dai colli fiorentini, trovava nella pianura padana l’argine che gli impediva di dilagare in Europa.

Il Correggio (1489-1534) e lAriosto (1474-1533), contemporanei della Scopelli, restituivano a Dio il primato sull’uomo. Il Correggio concentrando tutta la luce, che sprigionava dai giganti di Leonardo, nella Figura di Gesù Bambino, quasi a voler rifondare la Chiesa del Rinascimento in risposta alle critiche di Lutero, che nel 1517 cominciava la sua dura contestazione alla chiesa di Roma. L’Ariosto facendo del Cavalier Orlando un pazzo scatenato incapace di comprendere il cambiamento dei tempi che allora era guidato dalle donne tra cui Angelica, che sposerà un umile soldato e per di più musulmano.

L’Ariosto e il Correggio vedono nella grazia femminile quell’elemento fino ad allora assente nel Rinascimento, che poteva salvarlo dando un’impronta trinitaria al naturalismo di Raffaello, che si sforzava di fare scendere in terra i giganti fiorentini ma asessuati di Leonardo e Michelangelo.

I due reggiani  hanno scoperto il segreto della dolcezza femminile, che è l’apertura alla vita. Il Correggio ha restituito alla Vergine Maria quell’umile femminilità che era necessaria al Bambino Gesù per ritornare sulla terra. L’Ariosto darà alla donna la parità con l’uomo, pur riconoscendone le straordinarie differenze. Ma tutto questo sarebbe stato possibile senza la Scopelli, che aveva fatto della grazia femminile il mezzo per convertire e disarmare i peccatori?

La singolarità di Reggio sta nel fatto che sono stati gli uomini a capire l’importanza della grazia femminile, senza la quale avevano perso la propria identità. L’uomo di Leonardo, né uomo né donna, era diventato un automa com’era la Gioconda che sorride a chi la guarda prima negli occhi come ad un comando. Anche oggi la riscoperta della grazia femminile può rinnovare il mondo.

4) Santa Teresa d’Avila e Madre Maria Francesca dello Spirito Santo.

Dopo che l’opera delle due beate Giovanna ed Arcangela aveva prodotto il rinnovamento del Rinascimento coll’Ariosto e il Correggio, i fatti straordinari che avevano accompagnato le due beate continuavano nella vita di Santa Teresa d’Avila (1515-1582). Essa riuniva l’aspetto della Passione con quello della Resurrezione di Gesù in un’unica persona e in un unico monastero, chiudendo il momento eroico dell’inizio del nuovo corso carmelitano con la riforma dei Carmelitani Scalzi. La clausura doveva favorire la preghiera. Il corpo della santa è incorrotto e si venera nella Chiesa dell’Annunciazione di Alba de Tormes.

Eleonora d’Este (1643-1722), carmelitana col titolo di Madre Francesca dello Spirito Santo, nel 1686 iniziava a Reggio la costruzione del primo monastero femminile dei Carmelitani Scalzi sotto la direzione dei Padri Carmelitani Scalzi dal 1683 a Reggio. Esso sorgeva sull’Angolo di Borgo Emilio. I resti mortali di Madre Francesca sono nel convento delle carmelitane scalze a Montegibbio di Sassuolo. Si dice che si udissero forti colpi all’interno del suo sarcofago quando stavano per avvenire fatti dolorosi alla Casa d’Este. La Beata Scopelli faceva udire tre colpi allo stipite della porta del parente morente quando si salvava. Questo fino alla sesta generazione. Fatti straordinari tramandati nel tempo, che denotano la venerazione di queste grandi donne emiliane.

La caratteristica comune di ogni novità spirituale è che essa è sempre mandata avanti da due persone contemporanee in ambiti diversi, ma complementari, e che non si conoscono direttamente. Già abbiamo visto la complementarietà delle figure della Beata Giovanna Scopelli e della Beata Arcangela Girlani,  del Correggio e dell’Ariosto, della Beata Domenica Lazzeri e di Maria De Morl. Le figure sono sempre doppie perchè comprendono l’una l’aspetto della passione, l’altra quello della resurrezione dell’umanità redenta da Cristo.

A Reggio due uomini come il Correggio e l’Ariosto scoprono tutta la ricchezza della femminilità. Non sono state le donne a scoprirla ma due uomini, perchè essa è un valore trinitario, che solo gli uomini sanno vedere e valorizzare. Come sono stati degli uomini a tramandarci la storia delle beate Scopelli, Girlani e e di Santa Caterina Vigri. Era la loro femminilità a mostrarsi nella disponibilità a sacrificarsi per dare la vita agli altri. L’Ariosto ha scoperto l’aspetto della passione della donna, il Correggio quello della resurrezione. 

Dalla relazione: La reggianità e Lutero in La Riforma delle Terre Estensi Modena 2017

4) LA COPPIA LUDOVICO ARIOSTO (1474-1533) E ANTONIO ALLEGRI DETTO IL CORREGGIO (1489-1534)

In Italia, dopo la Scopelli, i primi a scoprire la passione per il pensiero trinitario sono stati i reggiani Ariosto e Correggio. Essi l’hanno usato per scoprire la femminilità come valore complementare all’uomo. Il tomismo veniva lentamente sostituito dal pensiero trinitario platonico agostiniano che permetteva di ricomporre l’unità del pensiero europeo, togliendo forza alle passioni nazionali, per poterle studiare come idee caratteristiche dei sensi comuni di ogni popolo. Il passo successivo è stato quello di Galilei, che ha trasformato il moto accelerato in moto a velocità costante per la presenza dell’osservatore unico. Poi il Vico ha trasferito il senso comune francese e inglese nei corsi e ricorsi della storia, come momenti di un percorso trinitario in cui compare la complementarietà del senso comune dei popoli. La sua Scienza Nuova si rifà all’osservatore unico della legge scientifica di Galilei.

1) Il ritmo reggiano della vita.

Il ritmo reggiano della vita è fatto di senso pratico perché sa di leggerezza e di coralità, di sofferenza e di gioia. E’ reale e musicale al tempo stesso. E’ ritmico perché ha bisogno del basso e dell’alto in un contrappunto continuo, che ha lo scopo di rendere leggeri i pesi della vita. La sofferenza e la gioia sono così intimamente legate da generare quella dolcezza tipicamente reggiana che è fatta di intimità e di condivisione al tempo stesso. Essa dona pace ed illumina lo spirito. E’ la leggerezza nel saper vivere la dote più grande dei reggiani. La beata Giovanna Scopelli (1439-1491), il poeta Ludovico Ariosto (Reggio Emilia 1474-Ferrara 1533) e il pittore Antonio Allegri, detto il Correggio (1489-1534) sono stati i grandi interpreti del senso reggiano della vita.

L’effervescenza del lambrusco, che unisce in sé sia le caratteristiche del vino da tavola che dello spumante, e il sapore forte ma al tempo stesso delicato del grana reggiano, che si sbriciola in bocca in tante piccole scaglie che si sciolgono in un’esplosione simile alle bollicine del lambrusco, prolungandone il sapore, aiutano i reggiani a rendere leggera la vita. Il lambrusco, pur leggero, ha la capacità di far digerire tutto e il grana si mette sulla pasta o si mangia dopo il pasto per lasciare un buon sapore in bocca. La loro produzione è stata perfezionata nella seconda metà del ‘400.

2) La Reggianita’ del Boiardo: la leggerezza dell’amore.

Matteo Maria Boiardo (1441-1494) era conte di Scandiano. A Reggio – “Alma cittade ove Amor tien suo seggio” è ambientato l’amore per Antonia Caprara. Egli lo narra nel canzoniere Amorum libri tres secondo uno schema non petrarchesco, ma vicino agli elegiaci greci: da una fase iniziale in cui l’amore è gioia si passa alla gelosia, alla disperazione per l’indifferenza della donna, ad una nuova speranza, alla disillusione; per arrivare ad un dolce-amaro petrarchesco. Tuttavia lo stesso Boiardo nel proemio distingue il momento del “dolce tempo” della sua età “fiorita” dal tempo della sistemazione delle liriche. Il primo passato a Reggio, il secondo alla corte di Ferrara. La parte migliore e più originale rimane il primo libro, in cui la bellezza della donna è esaltata in un continuo paragone con tutte le bellezze della natura.

Il carattere reggiano è già presente nei paragoni estremamente leggeri, in cui la donna amata appare come “pura neve, rosa gentile, bella luce, avorio ed oro, la dolce vista dei begli occhi”, paragonata al cielo, alle stelle, alla luce riflessa sul mare al mattino, al ghiaccio e alla brina, al raggio di sole. La gioia dell’amore felice trova nel Boiardo gli accenti poetici più intensi, in forte contrasto con la malinconica lirica amorosa derivata dal Petrarca, allora dominante

3) L’idea maschile della bellezza nel Rinascimento.

Il Botticelli (1445-1510), che non si è mai sposato, Leonardo da Vinci (1452-1519) e Michelangelo (1475-1564) non hanno cercato un rapporto fisso con una donna. Leonardo è stato bisessuale per scelta razionale. Egli voleva sperimentare e conoscere com’era fatto l’uomo per costruire l’uomo automa. La Gioconda sorride a chi la guarda negli occhi come ad un comando. L’esecuzione delle sue pale è talmente raffinata da rafforzare la convinzione che egli volesse non copiare la natura ma imitarla. Tutti questi pittori hanno esaltato la bellezza per sé stessa. Le loro figure sembrano asessuate oppure avere sia attributi maschili che femminili. Esse sono quelle di semidei. La natura, che le circonda, è quella del Paradiso Terrestre. L’uomo sembra essersi liberato dalle conseguenze del Peccato Originale. Egli è un essere nuovo, in cui il sesso è come trasfigurato dalla gioia interiore.

Michelangelo crede nel potere della bellezza di cambiare il mondo, ma come per il suo Mosè a S. Pietro in Vincoli, seduto in attesa di uno speciale intervento divino, si rende conto della sua impotenza. Gesù nel suo Giudizio Universale appare come infastidito e volge la mano verso l’alto come per proteggersi dall’umanità così ribelle. Michelangelo, pur condividendo la scelta di Leonardo di rappresentare l’idea della bellezza asessuata, vive il momento tragico della perdita dell’indipendenza dell’Italia, causata dalle sue divisioni, e si rende conto del fallimento del Rinascimento, che non ha saputo cambiare l’uomo

4) La femminilità liberata dall’Ariosto e dal Correggio ieri e oggi. Il mondo delle idee e Machiavelli

L’Ariosto e il Correggio hanno svelato le doti femminili dell’umiltà, della dolcezza e del senso pratico, che emergono quando la donna vive la propria libertà nella dignità.  Non è la bellezza la dote femminile. Essa è un’idea esclusivamente maschile. Le donne solo belle, espressione dell’idea, che è la grande dote dell’uomo, sono fredde, chiuse nella propria bellezza. Invece l’uomo innamorato, che ha scelto una donna tra le altre, come Raffaello nell’ultima parte della sua vita e prima di lui l’Ariosto e il Correggio, entrano in dialogo con la donna attraverso le sue doti.

L’idea maschile della bellezza trova nella donna l’applicazione più importante, ma deve poter integrarsi con le doti femminili, che l’uomo scopre frequentando la donna. L’Ariosto e il Correggio, che amano le donne nella bellezza della femminilità, cercano la donna vera, in cui la bellezza non è assoluta, ma acquista un volto preciso. Oggi, come ai tempi di Leonardo, ci troviamo di fronte ad un uomo che vuole essere sia uomo che donna a suo piacere. Ma la risposta rimane quella del Correggio e dell’Ariosto: nessuno fino ad oggi ha reso un omaggio più grande di loro alla femminilità.

Il Rinascimento di Botticelli, Leonardo e Michelangelo prima e l’idealismo di Leibnitz, Kant, Fichte ed Hegel dopo col loro rifiuto di scegliere una donna hanno generato idee prive di vita. Il Rinascimento e l’ldealismo hanno dovuto incontrare uomini innamorati di una donna vera per sopravvivere. Non basta l’incontro tra un uomo e una donna. Senza l’amore né l’uomo né la donna possono rendere vera l’idea. E’ per la fatica dell’uomo e della donna ad incontrarsi ed accettarsi fino in fondo che il Rinascimento e l’Idealismo hanno scatenato guerre terribili in cui l’idea diventava il pretesto per sottomettere l’altro. Machiavelli (1469-1527) ne Il Principe, uscito postumo nel 1532, ha permesso all’idea di sopravvivere senza la donna. Il fine che giustifica i mezzi di Machiavelli da allora ha devastato il mondo. E continuerà a farlo fino a che ci saranno uomini che pensano che le doti femminili siano inutili e che addirittura indeboliscano l’uomo. Come ha scritto Kierkegaard occorre recuperare la necessità della scelta stabile, altrimenti vince sempre l’idea. Egli è tornato alla religione, quale baluardo indispensabile per poter vivere fino in fondo la stabilità del rapporto di un uomo con una donna.

5) Il movimento nell’Orlando Furioso. La passione dinamica

L’Ariosto ha subito il fascino della Scopelli che probabilmente ha conosciuto di persona e di cui certamente ha sentito parlare. La forza della Beata l’ha conquistato facendogli capire la grandezza della donna. Per questo egli ha esaltato soprattutto la forza d’animo femminile.

La gestazione dell’Orlando Furioso è lenta e si svolge in tre edizioni, la prima del 1516, la seconda del 1521 e la terza del 1532, un anno prima della morte. Egli dona un corpo vero alla donna, facendola scendere dall’empireo in cui l’aveva collocata il Boiardo.

I suoi versi sono pieni di dolcezza e il loro ritmo, pur costante, è così leggero da trascinare i personaggi in voli incredibili attorno al mondo. L’Ariosto sembra anticipare l’idea che la terra sia sferica. La dolcezza tutta femminile del verso invita il lettore ad un ballo in cui danzare insieme ad ogni personaggio. I suoi stati d’animo diventano quelli del lettore. Per questo l’orgoglio fiorentino di Dante trova nell’ emiliano Ariosto, come ha affermato Carducci, la capacità di rendere il fiorentino lingua nazionale. Rispetto a Dante, che rimane sempre solo nelle sue affermazioni, l’Ariosto muove i suoi personaggi in un movimento continuo, che è lo stesso della vita. Ogni avvenimento viene vissuto non per se stesso ma nel rapporto con gli altri. L’Ariosto anticipa il romanzo di Cervantes, che conosceva a memoria l’Orlando Furioso.

La Divina Commedia di Dante ha come protagonista solo Dante. L’Orlando Furioso, che è anch’esso una commedia, ha tanti protagonisti sull’esempio dell’Ultima Cena del Cenacolo di Santa Maria delle Grazie di Leonardo (1495-1498) di Milano. Ma mentre le passioni di Leonardo dividono gli uomini, l’Ariosto unisce le passioni con il movimento del mondo. Ogni passione ne suscita altre in un ordine superiore che le collega a loro insaputa. La passione statica di Leonardo diventa quella dinamica dell’Ariosto e del Correggio. La dea Fortuna s’identifica con la volontà divina.

6) La fine dell’idea assoluta nell’Ariosto.

Prima di Kierkegaard l’Ariosto ha visto la religione come baluardo indispensabile della vita. Il conflitto tra Orlando ed Angelica si placa solo quando Orlando recupera il senno per opera del Dio cristiano che opera attraverso San Giovanni Evangelista.

Il mondo della cavalleria aveva perso i suoi riferimenti storici per diventare portatore di valori universali. Orlando impazzisce quando scopre il matrimonio d’Angelica con Medoro. Ma l’evangelista Giovanni afferma che Dio aveva tolto il senno ad Orlando, perché, dotato d’invincibilità per combattere gl’infedeli e accecato dall’amore per la pagana Angelica, aveva usato le sue doti nel tentativo di uccidere il fedele cugino, anch’egli innamorato d’ Angelica. La pazzia, frutto della delusione amorosa, è dunque permessa da Dio, che così punisce Orlando, ma allo stesso tempo lo redime. Dio è sempre presente, anche quando non sembra. L’Ariosto pone nell’atrio del Paradiso Terrestre San Giovanni Evangelista ad accogliere Astolfo, chiamato dalla Provvidenza a ritrovare e a restituire il senno ad Orlando. San Giovanni, autore dell’Apocalisse, risana il paladino Orlando, restituendogli il senno, che aveva smarrito nel cieco amore per Angelica. Esso era diventato passione e lo aveva indotto a usare le sue doti straordinarie per impossessarsi di Angelica.

7) Le invenzioni reggiane dell’Ariosto.

L’Ariosto dona il corpo alle donne. Questo passaggio è reso leggero dalle invenzioni straordinarie come l’ippogrifo, il cavallo alato del mago Atlante, che rapisce o trasporta dame e cavalieri dove fantasia comanda; il mondo della luna, dove si trovano le cose che si perdono, e dov’è anche il senno di Orlando, ritrovato da Astolfo; il regno della maga Alcina. La reggianità emerge nel ritmo festoso del verso, ampliato dalla straordinarietà delle storie narrate.

Alla fine Angelica scende sulla terra per sposare un oscuro giovanetto, Medoro, musulmano, giovane e bello. L’Angelica del Boiardo, sospesa tra cielo e terra, nell’Ariosto entra nella natura. La donna prende un corpo per aprire un nuovo corso storico della letteratura fatto di donne di terra, che cercano uomini di terra.

Il cavaliere Orlando, innamorato di Angelica, è vinto da un uomo di terra. Anch’egli è un uomo, ma perché paladino e difensore della verità deve essere libero. Angelica non lo ama perché ha capito che egli non ha bisogno di lei.

8) La Reggianita’ dell’Ariosto e del Correggio: il sorriso accattivante del rapporto trinitario                

Il sorriso dell’Ariosto e del Correggio è reale. E’ di comunella ed indulgenza nei confronti di ogni personaggio, come se ognuno di essi avesse un rapporto esclusivo con loro. Essi mostrano di condividere la vita dei loro personaggi con un sorriso, che rallegra. Le vicende che descrivono, anche se drammatiche, si addolciscono come in una danza. E’ il ritmo musicale del Correggio e dell’Ariosto a trasfigurare ogni situazione e a renderla parte di un tutto che continua. E’ la sicurezza del futuro a dare fiducia e pace a chi legge. Essi vivono la fine dell’indipendenza italiana ma riescono a calare le novità del Rinascimento in un cammino reale e pieno di speranza. La vita è come un ballo, che ripete i suoi passi ma con uno spirito sempre diverso.

L’Ariosto e il Correggio sono facilmente paragonabili perché sono morti a otto mesi di distanza l’uno dall’altro. Sono due geni coetanei in arti diverse. La loro contemporaneità aiuta a cogliere ciò che li accomuna nell’ambito del Rinascimento. Nulla illustra meglio la fantastica eleganza dell’Orlando Furioso delle aeree danze che l’Allegri ha sciolto nelle cupole parmensi.

9) Il nuovo corpo del Rinascimento: la Madonna di San Francesco del Correggio                                             

Il Correggio ha fatto della leggerezza la dote principale di tutte le sue pale. Essa trasfigura sia le donne che gli uomini, rapiti in dolci colloqui come nell’Ariosto. La grande pittura del Correggio inizia nel 1515 con la pala de La Madonna di San Francesco fatta per la chiesa di San Francesco a Correggio, ora nella Gemaldegalerie di Dresda. Quattro santi, San Francesco, Sant’Antonio, San Giovanni Battista e Santa Caterina, si muovono in cerchio attorno al trono di Maria col Bambino Gesù. La Madonna apre la mano destra sopra San Francesco in un piano perpendicolare alla pala per dare la profondità alla scena.

La pala si muove dallo sfondo verso chi guarda per fermarsi sulle quattro figure di santi, che sono come sospese in un momento di pausa di una danza di gioia. L’atmosfera di festa della pala allietava le celebrazioni religiose. La Madonna è una giovane donna, felice di poter condividere la gioia di tenere in braccio il Bambino Gesù con i quattro santi, in uno scambio di amorosi sensi, che sembra non aver fine. Si realizza il detto che l’amore cresce se si dona. Appare per la prima volta il ritmo emiliano della vita. Quanta distanza dalla  Madonna sistina di Raffaello, che sembra una dea!

10) La fede del Correggio.

La religiosità del Correggio è documentata dal diploma ‘di fratellanza e di comunione spirituale’ che la congregazione cassinese di s. Giovanni di Parma aveva stretto con lui e con la sua famiglia nel 1521. Egli s’era trasferito a Parma nel 1520. Lontano dalle corti, povero, oppresso da cure familiari, il Correggio ci è presentano dai biografi come uomo interiore malinconico. Nato nella cittadina emiliana, di cui porta il nome, nel 1489, non ha mai lasciato l’Italia Settentrionale, o, come si diceva allora, la Lombardia: anzi dopo lo studio giovanile a Modena e a Mantova con Bianchi, Ferrari e Mantegna, non si è mosso più da Parma, sua città adottiva, dove gli sono nate le tre figlie, ancora bambine al tempo della sua morte prematura. Nel vero – scrive il Vasari – fu persona che non si stimò né si persuase di sapere fare l’arte, conoscendo la difficoltà sua, con quella perfezione ch’egli avrebbe voluto; si contentava del poco e viveva da buonissimo cristiano.

11) Lo spirito reggiano del Correggio

Il Correggio ha razionalizzato il passaggio rinascimentale della divinizzazione dell’uomo, esprimendolo nella luce, che irradia dal corpo di Gesù Bambino e che trasfigura ogni uomo. La gioia tutta interiore del Rinascimento viene trasmessa nel sorriso. Essa si fa carne. L’umile sorriso del Correggio non vuole stupire come nella Gioconda di Leonardo, più un automa che una persona, pronta a sorridere allorchè viene guardata. Egli esprime un sorriso tutto umano. E’ il passaggio indispensabile dell’incarnazione dello Spirito del Rinascimento. La leggerezza delle figure umane nel Correggio esprime la capacità reggiana di aprirsi ai grandi cambiamenti dello spirito e di calarli nella realtà. I Reggiani sanno rendere i cambiamenti leggeri e accettabili dall’uomo. Riconoscerli come opera di Dio significa valorizzarli meglio per sé stessi.

Il grande filosofo italiano, Giambattista Vico (1668-1744), definirà la storia come una successione di corsi e ricorsi, però non più ripetitivi come per il Guicciardini che nel Rinascimento vedeva un punto d’arrivo più che di passaggio. Il Vico restituisce il primato all’iniziativa di Dio, visto in Gesù Cristo come il punto d’arrivo della storia, che attira a Sé l’uomo, spiritualizzandolo sempre più fino all’ultima generazione che Lo vedrà come giudice universale. Il Rinascimento è un momento intermedio, d’arrivo di un corso e d’inizio di un ricorso, che si è prolungato fino ad oggi. Oggi infatti ci sono tutte le premesse per un nuovo corso più grandioso dei precedenti, perché mette direttamente di fronte non solo contemporaneamente ma ovunque  tutte le razze umane.

12) La mediazione della Chiesa di Roma tra Dio e l’uomo nel Correggio.

Ma la condanna imperiale di Lutero del 1521, con l’approvazione papale, si stava diffondendo in Italia. Occorreva di nuovo riconoscere alla Chiesa il ruolo di mediatrice tra Dio e il mondo. Il Correggio, fedele alla Chiesa di Roma, anticipa la Controriforma, nel rifondare la Chiesa. Nel 1524 il Correggio, assieme alla rappresentazione dell’incoronazione di Maria nel Duomo di Parma, quale mediatrice tra Dio e la Chiesa, esprime chiaramente la sua fede nella Chiesa di Roma, quale mediatrice tra Dio e l’uomo, nella pala de La Madonna di San Sebastiano, dipinta per la confraternita di San Sebastiano a Modena, ora a Dresda assieme alle precedenti.

Il suo naturalismo è leggero, come sospeso tra il Cielo e la terra. Il primo piano è occupato dai Santi Sebastiano, Geminiano e Rocco, che impediscono a chi guarda di entrare nel quadro, a differenza di quanto aveva fatto Raffaello nella Resurrezione di Gesù in Vaticano. Il Bambino Gesù, in braccio a Maria, guarda verso il basso ma non verso lo spettatore. Egli sembra sorridere verso San Geminiano che a sua volta si rivolge a chi guarda indicando Gesù. Tra Gesù e l’uomo appare la Chiesa di Modena quale mediatrice. La fede del Correggio è semplice ma anche razionale.

13) Il populismo luterano arriva a Reggio e nel ducato estense: la passione per le donne diventa amore

Nel 1520-30 in Italia era arrivato il forte populismo di Lutero, che sarà poi incanalato nella direzione giusta dalla Controriforma. Esso, se da una parte rivendicava l’uguaglianza, dall’altra favoriva la corruzione dei costumi. La passione sembrava essere addirittura compatita da Dio, che salvava l’uomo, unicamente per il sacrificio della Sua morte in croce. In questo modo sembrava essersi indebolito il potere del peccato originale, che non aveva più bisogno dei sacramenti per essere dominato. Leonardo per primo ha voluto raffigurare il movimento come prodotto dalle passioni. Lutero ne ha fatto il mezzo per ottenere la libertà da Roma. L’Ariosto e il Correggio contemporaneamente dopo Lutero, per esprimere fino in fondo la passione per le donne. Ma questo passaggio è avvenuto nella fedeltà alla Chiesa di Roma. Entrambi gli artisti reggiani hanno trasformato la passione luterana per la donna in amore esaltante proprio perché vissuto in ambito trinitario. Il sorriso delle donne del Correggio comprende la femminilità, che ignorava Lutero perché aveva rotto il rapporto trinitario sia con l’uomo che con Dio.

L’Ariosto condivide appieno la turbolenza della sua età trasferendola nel suo Orlando Furioso. Il vortice di vicende in cui egli immerge Orlando esprime l’insicurezza dei suoi tempi, in cui l’indipendenza italiana finisce. Lutero, attaccando i sacramenti, sembrava voler completare la fine dei tempi. Egli infatti aveva fatto del papa l’anticristo.

L’Ariosto ha liberato la passione per le donne nel mondo della poesia, così come da giovane aveva fatto nella vita. Ma l’ha potuto fare fino in fondo dopo che Lutero l’ha riconosciuta come inevitabile e necessaria. Tuttavia, pur avendo avuto due figli illegittimi da due donne diverse, ne ha sposato una terza, a cui è rimasto fedele. Le passioni giovanili dovevano temprarsi nel matrimonio con l’unica donna amata per sé stessa.

14) La nudità della donna nell’Ariosto: Olimpia

La dolcezza del verso dell’Ariosto si pone come un filtro tra il lettore e la nuda Olimpia. Egli sembra guardarla con gli occhi di Oberto, che non sanno su quale parte del corpo della donna fermarsi. Il poeta e il personaggio diventano tutt’uno per avvolgere il lettore nella magia della visione. Quest’ultimo, soggiogato dalla musicalità del verso, deve solo abbandonarsi ad esso per condividere fino in fondo il mondo dell’Ariosto, fatto di uomini e donne veri. Ma non dimentichiamo che l’Ariosto non canta solo la bellezza ma anche la forza delle donne. La storia d’Olimpia finisce bene perché Oberto uccide Bireno e la sposa. Le vicende dell’Ariosto sono dettate dalla passione in cui sia gli uomini che le donne prendono l’iniziativa alla pari. Ma tutte finiscono secondo la morale cristiana.

15) La nudità della donna nel Correggio:

Venere ne L’educazione di Cupido

Del 1527-28 è l’Educazione di Cupido. Cupido appare tra Venere e Mercurio, che vorrebbero insegnare a Cupido a controllare la sua prepotente forza amorosa. Il bambino è in atteggiamento di sfida nei confronti degli adulti, con cui sembra divertirsi nel prenderli in giro. Ma la dolcezza degli adulti rivela una grande indulgenza per il bambino. La sua presenza toglie la sensualità alla figura di Venere, che guarda allo spettatore con il solito sguardo di comunella del Correggio, ma per chiedere indulgenza per il figlioletto.

Il nudo della dea è splendido, pieno di luce, che accentua la sua prorompente femminilità. La luce sembra uscire da lei. Ma il Correggio riesce a toglierle la sensualità per quella dolcezza che appare più divina che umana, che avvolge la scena collegando le tre figure in un’atmosfera di leggerezza, che prevale sulle singole figure. Il dolce rapporto materno tra Venere e Cupido supera l’imbarazzo di Venere nel mostrarsi nuda al figlio. E’ come se Venere fosse solita mostrarsi nuda con una naturalezza che disarma ogni pensiero impuro. E così ha fatto l’Ariosto. Entrambi gli artisti hanno saputo gestire situazioni scabrose senza cadere nell’erotismo.

La ninfa Io tra le braccia di Giove

La tela è del 1531-32. Essa rappresenta la ninfa Io tra le braccia di Giove sotto forma di nuvola per sfuggire alla gelosia di Giunone. Il Correggio qua, come in Danae, descrive l’inizio dell’amplesso amoroso. La donna si sta abbandonando all’iniziativa di Giove in un movimento di tutto il corpo. Il pittore con una sola immagine narra tutto l’episodio. Egli come l’Ariosto non si sofferma sull’amplesso, ma lo inserisce nel ritmo emiliano della vita. Da unità al dipinto il sorriso irripetibile del Correggio, simile a quello dell’Ariosto, che trasfigura l’episodio in una perenne dolcezza. 

Il pittore descrive la scena da dietro con quel pudore che egli trasmette alla donna, assorta in un luogo appartato. Lo spettatore non deve entrare nell’intimità della scena, rapporto esclusivo di un uomo e una donna. L’unico mezzo di collegamento è il sorriso della donna, che trasforma l’orgasmo terreno in estasi spirituale. Essa sembra quasi sfuggire al materialismo di Giove, come vivendo l’episodio in un piano superiore, che lo rende universale. Il sorriso della donna diventa quello dello spettatore, come già il sorriso di Venere nell’Educazione di Cupido o di Danae o del satiro in Venere, Cupido e il satiro. Esso diventa oggettivo nel momento in cui è condiviso. Il Correggio inventa il romanzo nella pittura come l’Ariosto nella poesia, perché lo spettatore diventa il protagonista della scena.

16) Hegel, Dostojieskj, e Kierkegaard.

Il lavoro dell’Ariosto e del Correggio è stato completato da Kierkegaard nell’800. Come i primi hanno saputo condividere la bellezza con le doti della donna vera, senza le quali l’idea ha solo vita intellettuale, così Kierkegaard (1813-1855) ha collegato l’idealismo alle doti femminili.

Dostojieskj (1821-1881) ha fatto entrare l’idealismo di Hegel (1770-1831) nella cultura russa. La forza hegeliana dello stato tedesco, per suo mezzo, è diventata la forza d’inerzia della coscienza russa. Egli ha affermato che la bellezza avrebbe salvato ancora il mondo. Questa è l’idea della coscienza maschile. Ma da sola non serve. La vera bellezza è quella che Kierkegaard ha saputo vedere nella moglie nella condivisione delle sue doti femminili. Egli rifiuta l’idea della forza hegeliana, quale arbitra della storia. La forza dell’idea, che ingloba l’universo nell’idealismo, per muoversi ha bisogno delle doti femminili. Leibnitz, Kant, Fichte ed Hegel non hanno mai voluto scegliere una donna, anche tra quelle che hanno avuto, appagati dall’ebrezza provata nel generare le idee. Invece Kierkegaard era affascinato dal comportamento della moglie, che studiava con ammirazione nella consapevolezza che non poteva fare a meno di lei.

5) LA COPPIA LAZZARO SPALLANZANI (1729-1799) E GIOVANNI BATTISTA VENTURI (1746-1822).

Venturi, influenzato dal Vico,  ha scoperto la storia delle scienze come successione di scoperte frutto del senso comune dei popoli. Lo Spallanzani ha scoperto la natura vivente come fatta di specie che si conservano nel tempo in ambito trinitario e che non possono trasformarsi le une dalle altre e tanto meno essere generate dal nulla. Anche la natura va studiata secondo il metodo trinitario galileiano, che distingue tra l’osservatore e la natura, separati, ma uniti dalla mediazione della geometria euclidea. E’ quest’ultima a neutralizzare le forze e a renderle da antagoniste complementari.

Da La Libertà del 21 marzo 2018

6) LA COPPIA ANTONIO FONTANESI (1818-1882) ED ANGELO SECCHI (1818-1878)

Il 1818 nascevano a Reggio due nostri illustri concittadini: il 23 febbraio nella Caserma di San Marco, dove il padre era custode, Antonio Fontanesi pittore, dello stesso nome dell’Allegri detto il Correggio, e il 28 giugno in via Porta Brennone, Angelo Secchi, padre gesuita, astronomo e meteorologo.

Nel ‘500 l’Ariosto e il Correggio, contemporanei, sono stati accomunati dalla scoperta della femminilità, quale valore complementare e trinitario dell’uomo. Il sorriso, con cui l’Ariosto ha descritto le vicissitudini amorose dei suoi personaggi e quello che il Correggio ha dipinto sui volti delle sue donne, hanno fatto della femminilità il nuovo protagonista della vita dell’uomo.

1) Fontanesi pittore e maestro di disegno in Giappone.

Nell’800 il Fontanesi e il Secchi compiono la stessa operazione con il cielo. Nei quadri di Fontanesi, pittore scenografo, d’ispirazione idealista, ma in cui l’idealismo si apre al rapporto trinitario con l’uomo, il cielo è curvo e parte dal fondo del quadro per arrivare al primo piano accentuando la profondità del quadro stesso. Esso ha uno spessore fatto di vibrazioni di aria, luce e nuvole. Sembra chinarsi sulla natura sottostante per farne parte ed esalta l’effetto tridimensionale del quadro. I giapponesi ne sono rimasti impressionati ed hanno chiamato Fontanesi ad insegnare il disegno tridimensionale nel loro paese, in cui era ancora a due dimensioni.

2) Secchi meteorologo

Anche il Secchi scopre il cielo come ente naturale fatto di nuvole, aria e luce. Sulle orme della teosofia del Rosmini possiamo parlare per il Secchi, sacerdote e fisico, di teofisisofia praticaLa teologia, la fisica e la filosofia, unite nel Secchi, ne hanno fatto un gesuita della nuova generazione, non più tomista, ma agostiniano. Egli, affascinato dai discorsi del Capitano Maury di Waghington, conosciuto di persona, che proponeva studi generali sui movimenti atmosferici e sulle burrasche, già dal 1856 aveva fatto collegare con il telegrafo le principali città dello stato pontificio e aveva ideato la carta europea delle isobare, collegando poi Roma con Parigi per la definizione delle prime carte meteorologiche. Ha scoperto così che la bassa pressione in Scozia, chiamata pozzo scozzese, non portava immediate conseguenze a Roma, in cui giungeva solo dopo alcuni giorni o non giungeva affatto. Erano tempi esaltanti in cui venivano scoperte le costanti della meteorologia in modo sempre più affinato per poter dare le previsioni del tempo. Ed altrettanto appassionata è stata la misurazione del campo magnetico della terra, scoperto da pochi decenni, e su cui aveva lavorato anche Leopoldo Nobili col suo galvanometro. Il Secchi nel 1858 inventava un barometro registratore, premiato poi da Napoleone III all’Esposizione di Parigi del 1867, con i cui dati egli potè chiarire le relazioni tra il magnetismo terrestre, registrato all’osservatorio romano sette volte ogni giorno, e la meteorologia.

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